Le mille perle del divino Trap

Le mille perle del divino Trap
di Antonello Valentini
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Martedì 19 Marzo 2019, 12:44
La collana di perle di Totti; il Cassano permaloso; la truffa subita con l’Irlanda nel 2009. Per i suoi 80 anni, si è scritto di tutto di Giovanni Trapattoni, personaggio irripetibile della storia del calcio, ma questi sono episodi inediti, vissuti da testimone oculare che confida nella prescrizione. Mondiali 2002, in Giappone e Corea: dopo cena, giocatori in camera e staff al bar, nei salotti della grande hall dell’hotel di Sendai, quartier generale degli Azzurri. Ci siamo tutti, il capo delegazione Ranucci, Gigi Riva, i dirigenti e Trapattoni che tiene banco. Come spesso accade nei ritiri delle squadre, si affaccia un mercante, questa volta di perle.

Giovanni adocchia una collana di perle nere che vuole regalare alla moglie (la mitica Paola, conosciuta a Roma per le Olimpiadi del ‘60): richiesta 7mila euro, controproposta mille. Una trattativa estenuante e divertente, fino a quando il Trap scopre che il mercante è super tifoso di Totti. È un attimo, Giovanni acchiappa il telefono: “Francesco devi scendere, ho bisogno di parlarti”. «Mister è mezzanotte, facciamo domani».”No Francesco, è urgente, vieni subito nella hall”. Inutile dire che il servizio fotografico con Totti in pigiama abbracciato dal giapponese risolse la trattativa. Collana di perle nere aggiudicata per mille euro (dice il Trap, ma forse nemmeno quelli). Europei 2004, Portogallo. Partita di fine allenamento, giocatori dispari, si schiera Trapattoni nella squadra di Cassano. ”Sei un ruffiano Antonio, passi la palla solo al mister, ma tanto non ti fa giocare”.

Primo, secondo, terzo sfottò. Permaloso doc, Cassano si ferma, si sfila gli scarpini e torna negli spogliatoi. “Ha le scarpe strette, gli sono venute le vesciche”, interviene il Trap ad alta voce, rivolto ai 100 giornalisti in tribuna, per intercettare la sicura polemica mediatica. Mondiali 2010. Con un gol di mano, la Francia nega la qualificazione all’Irlanda del Trap. “Che peccato, Giovanni, mi dispiace molto”, cerco di consolarlo al telefono. “Sei matto ? E dove andavo con quella squadra. Meglio così, almeno posso “piangere” per due anni”. Quel giorno ho capito che la grandezza del Trap si era compiuta.
 
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