NO AL GIOCO ALTRUI
Totti ha in testa, praticamente dal giorno dopo il suo addio al calcio giocato, di dirigere il compartimento tecnico della Roma: si sente in grado di dare una mano, vorrebbe mettere al servizio del club la sua esperienza ma finora - tranne la telefonata di inizio marzo a Claudio Ranieri - è rimasto a guardare il lavoro altrui. Con un ricorrente pensiero in testa: perché? Perché, dopo due anni, non ho un ruolo? Le parole che indirettamente gli ha regalato il ceo Fienga durante la conferenza stampa di De Rossi, più che quelle dirette dell’ex compagno, l’hanno sorpreso: non si aspettava un ridimensionamento così pubblico, ma - ufficialmente - non ha accusato più di tanto la botta. Anche per non agevolare il gioco di chi vorrebbe fargli fare a vita il gagliardetto o addirittura l’ex dirigente, si sussurra. Ma tutto, anche nel calcio, ha un limite. Spesso la maniera migliore per risolvere dubbi, interrogativi e problemi è affidarsi alla sincerità. Alla chiarezza. Già, ma nella Roma chi è in grado di garantirla: uno che sta a Boston, uno che vive a Londra o un dirigente che oggi lavora a Torino? Sembra più una questione di voglia, però, che di lingua o geografia.
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