Totti, l'addio al calcio tre anni fa: mille giorni di lui e di Roma

Totti, mille giorni di lui e di Roma
di Romolo Buffoni
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Giovedì 28 Maggio 2020, 16:33 - Ultimo aggiornamento: 15 Febbraio, 00:06

«Maledetto tempo». Francesco Totti si arrese così, tre anni fa. Calciò l'ultimo pallone in curva Sud, sfilandosi per sempre la sua numero 10 e la fascia di capitano, questa messa al braccio di chi il tempo ce lo aveva schierato dalla sua parte, ovvero l'allora undicenne Mattia Almaviva (che oggi gioca con l'under 14 giallorossa e continua a promettere bene). Sono passati tre anni, mille e 96 giorni, dal pomeriggio più triste della storia del club giallorosso. Perché niente regge il confronto, neppure le più drammatiche sconfitte patite dalla Roma all'Olimpico. Non esistono né la Coppa Campioni persa ai rigori col Liverpool, né gli scudetti bruciati con Lecce e Sampdoria, tanto meno la coppa Italia persa con la Lazio. Giorni di un dolore lancinante, più sopportabile rispetto alla struggente immagine del più forte giocatore della storia giallorossa - e, per molti, del calcio italiano -, del trofeo vivente esibito con orgoglio smisurato dai romanisti, imboccare il viale del tramonto. Speravo de morì prima, lo striscione che si guadagnò il premio di miglior sintesi della giornata.

«Il tempo l'ha deciso», scandì con la voce impastata dalla commozione il Capitano alla sua gente che aveva riempito lo stadio come solo sedici anni prima, nello scudetto-day con il Parma, aveva fatto. Gente che la commozione l'aveva da un pezzo tramutata in lacrime. Occhi che avevano ceduto allo tsunami emotivo quando, ancora in campo, Francesco fu raggiunto da Ilary, Cristian, Chanel e Isabel: la sua famiglia era venuto a richiamarlo, a portarlo via, a strapparlo con amore dall'altra famiglia che lo amava alla follìa. La famiglia di chi «gridava Totti gol e ora magari è diventato padre e il figlio grida Totti gol», la salutò Francesco. Le mani fra i capelli. Gli occhi lucidi, la targa ricordo consegnatagli dal presidente Pallotta, il saluto dei compagni. Mille giorni fa Totti capì che dopo 25 anni, 786 partite, 307 gol, uno scudetto, 2 coppe Italia, 2 Supercoppe e una Scarpa d'oro, era finita. Salvo, tempo dopo, rivelare che le lancette dell'orologio sul quale aveva misurato il «maledetto tempo» erano state spostate in avanti da altri. Che, se fosse stato per lui, un altro po' avrebbe giocato. Che il "Totti out" era stato pianificato da altri.

Con questo malanimo Francesco, mille e 96 giorni fa, si tolse gli scarpini e si infilò giacca e cravatta sventolando il suo nuovo biglietto da visita con scritto "Totti è la Roma". Ci ha provato, quasi come un atto dovuto. Ma quasi un anno fa si rese conto che non era vero. Che non era più così. E disse ancora addio, stavolta però sbattendo la porta. Ma questa è un'altra storia.
 

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