Superlega, dal regolamento ai social: la rivoluzione inevitabile per conquistare i giovani

Superlega, dal regolamento ai social: la rivoluzione inevitabile per conquistare i giovani
di Emiliano Bernardini e Benedetto Saccà
4 Minuti di Lettura
Giovedì 22 Aprile 2021, 00:26 - Ultimo aggiornamento: 29 Aprile, 00:42

Se il futuro, almeno secondo quel cinico geniale di Ambrose Bierce, è il «periodo di tempo in cui i nostri affari prosperano, i nostri amici sono sinceri e la nostra felicità assicurata», allora il calcio può dormire (ma proprio serenissimo) tra decine di guanciali e sopra tonnellate di materassi. Chiarito ormai che l’ipotesi della Superlega era soltanto una mossa tattica (sintetizzabile nella formuletta “minaccia di scissione per ottenere più soldi dalla Uefa”), il presidente della Juventus, Andrea Agnelli, una volta riacceso il telefonino, e quello del Real Madrid, Florentino Perez, hanno steso la carta millimetrata sul tavolone e si sono messi a spiegare i propri piani per, appunto, il domani. E il domani è, ovviamente, certamente, naturalmente dei giovani. Leggete bene Florentino: «Anche il calcio deve adattarsi ai tempi, si stava perdendo l’interesse per questo sport. Tanti giovani non sono più interessati, il pubblico diminuisce. E, con la pandemia, siamo tutti rovinati. Bisognerebbe analizzare perché i giovani non hanno più interesse per il calcio». Agnelli invece ha scoperto i videogiochi: «I giovani si interessano ad altre cose, la competizione è con Fortnite e Call of Duty».

LE CIFRE

Eppure.

Eppure i numeri – che non parlano ma spiegano – illustrano uno scenario, in effetti, terrificante. Tanto per avere un’idea, secondo uno studio approfondito di McKinsey/Nielsen, oltre un quarto dei giovani tra i 16 e i 24 anni non ha interesse per il calcio; più della metà dei ragazzi usa i social guardando le partite; e un terzo segue in particolare un calciatore o solo le grandi sfide. Insomma. Giusto per riassumere, i giovani (nell’ordine) vedono poche partite, e figurarsi per tutti i 90 minuti; preferiscono guardare gli highlights o, magari, gli ultimi 20/30 minuti dei secondi tempi; quando guardano le partite usano in contemporanea i social; tifano sempre di più per i singoli calciatori o per le squadre straniere; e al massimo (ma proprio al massimo) guardano per intero una semifinale o una finale di Champions. E soprattutto sono più attratti dai videogame. Tragedia? Pure peggio, forse. Naturalmente il calo degli spettatori giovani si riverbera in una flessione cosmica dei guadagni delle società, soprattutto a lungo termine – tra l’altro già violentemente fiaccate sul piano economico dalle conseguenze della pandemìa. Per cui è, come al solito, una questione di soldi. Nel gran tumulto delle ultime ore – strepitosa l’immagine delle squadre inglesi che, braccate da Boris Johnson, si ritirano mettendo in scena una sorta di contro-Brexit – i dirigenti sudano, si struggono, non trovano pace e si affannano nell’inventarsi la formula magica del calcio del futuro, capace magari di recuperare l’amore dei giovanissimi. 

LE IDEE

Così la Uefa valuterà di certo l’ipotesi di varare contenuti social per i giovani, tipo gli highlights, e di commercializzare i filmati brevi delle gare. Per capirci, diventerà più social. La Serie A, ad esempio, già lo ha capito da tempo e raccoglie ettolitri di visualizzazioni: dalla sintesi (di quattro minuti) di Napoli-Inter di domenica scorsa, per dire, finora sono piovute oltre 830 mila visite su YouTube. E Atalanta-Juve è già a quota 760 mila. Quanto a modifiche regolamentari più o meno verosimili, come l’introduzione di tre tempi da mezz’ora per far decollare lo spettacolo, al momento non sono previste ma sempre assurdamente possibili. «L’idea di un progetto della Superlega può essere proiettato nella ricerca di maggiori ricavi, ma è un errore strategico nell’ambito dell’economia aziendale. Aiuteremo i club con dei provvedimenti che possano agevolare le negoziazioni con i tesserati», ha spiegato il presidente della Figc, Gabriele Gravina. Comunque. Affascina pure la postura rigidissima (e fulminea) assunta dalle cancellerie europee nei confronti anche soltanto della teoria del progettone della Superlega. Da Macron a Draghi, da Johnson alla ora felicissima Fifa (che comunque resta l’Onu del pallone), tutti hanno tenuto a correggere subito il cammino del calcio europeo riportandolo nell’alveo della popolarità. Dello spettacolo per la gente. E, magari, prima o poi, chissà, anche per i giovani.
 

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