Superlega, Tardelli: «Un'operazione che è solo business, senza meritocrazia si uccide lo sport»

Superlega, Tardelli: «Un'operazione che è solo business, senza meritocrazia si uccide lo sport»
di Salvatore Riggio
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Martedì 20 Aprile 2021, 07:11 - Ultimo aggiornamento: 19 Febbraio, 00:31

La Superlega sta facendo discutere il mondo del calcio e non solo. Questo progetto lascia perplesso anche Marco Tardelli, ex centrocampista di Pisa, Como, Juventus, Inter e San Gallo e campione del Mondo a Spagna '82 con l'Italia di Enzo Bearzot.

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«Non sono d'accordo perché a me piace il calcio vero e non amo l'idea che il campionato italiano si indebolisca. Poi i calciatori non possono giocarle tutte. Ce ne vorrebbero 50 in ogni squadra».
Qual è la cosa che non le piace in assoluto di questa Superlega?
«Non è meritocratica, è creata per produrre soldi e basta. Questo non è sport, è solo business».
Ma lei vede una via d'uscita in questa diatriba che rischia di finire nelle aule dei tribunali?
«A dire il vero ora non lo so. Certo, la speranza è che si possa trovare una via d'uscita. Ma quei 12 club che hanno deciso di aderire alla Superlega, dovranno seguire le regole. Detto questo, io ancora non capisco se vogliano fare calcio o business. Bisogna ancora vedere se tutte le parti in causa riusciranno a trovarla quella via d'uscita».
Però, Fifa e Uefa al momento si stanno dimostrando agguerrite. Possono vincere la loro battaglia?
«Non sarà facile. Quei 12 club hanno trasformato uno sport bellissimo, il calcio appunto, in una battaglia che rischia di arrivare in tribunale. Questo significa che si fa perché si vuole avere un calcio per pochi».
Lei si è fatto un'idea su come potrà finire questo scontro?
«Nell'immediatezza non credo che le società della Superlega possano fare un passo indietro. Bisogna capire cosa vogliano avvero fare. Capire come vogliano portare avanti tutto questo. Ovvio, Uefa e Fifa devono bloccare questo progetto. Del quale, tra l'altro, per ora si sa ben poco. Chi entra nella Superlega? Quelle che hanno più soldi. E così non va bene di certo».
Su quale punto Fifa e Uefa possono battagliare?
«Non so se esista già una legge che impedisca ai giocatori di andare con le rispettive Nazionali. Se non c'è, magari la metteranno. Però questa potrebbe essere un'idea di battaglia. I calciatori non lascerebbero la propria Nazionale, sarebbe come un tradimento. Ma poi loro cosa guadagnano a giocare in questa Superlega?».
Sono, infatti, le società a volere più soldi.
«Ormai sono 40 anni che i club vogliono solo soldi. Ci sono sempre state delle scuse nuove sul volere aumentare i propri introiti. Ma i soldi non li fanno tutti e, in generale, le società hanno anche tanti debiti».
Ma lei si immagina una Champions senza queste grandi squadre?
«Però, loro non dicono che non giocheranno le competizioni europee. Sono la Fifa e l'Uefa a dire così. Ma anche su questo punto di vista bisogna vedere cosa accade».
Perché Bayern Monaco e Psg hanno detto di no alla Superlega?
«Magari stanno aspettando, monitorano. Oppure, e sarebbe meglio così, credono in uno sport diverso».
Incognita arbitri: come la vede?
«Da capire chi li decide questi arbitri. Anche su questo vediamo come si evolve la cosa, ora tutto è stato buttato così».
Sandro Mazzola, però, si dice favorevole.
«Rispetto tutte le idee, ma penso alla mia opinione».
Se una cosa del genere fosse successa ai suoi tempi?
«Impensabile. Il calcio era un po' diverso, io ho vissuto un bel calcio. Se era più romantico? Non è in sé il concetto di romanticismo, ma è l'idea che abbiamo dello sport».
Aleksander Ceferin è stato duro con Andrea Agnelli.
«Con Ceferin ci avevo discusso tempo fa quando aveva accusato il calcio italiano, che doveva mettersi in regola. All'epoca era molto amico di Agnelli, ma come vede le cose cambiano. La questione è che quando cambiano, bisogna accorgersene per tempo».
 

 

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