Superlega, tutte le inglesi si sfilano. L’Inter: «Non siamo più interessati». La rivolta di tifosi e giocatori

Superlega, tutte le inglesi si sfilano. La rivolta di tifosi e giocatori
di Emiliano Bernardini e Salvatore Riggio
5 Minuti di Lettura
Mercoledì 21 Aprile 2021, 00:51 - Ultimo aggiornamento: 22 Aprile, 09:22

Un brusco risveglio. Nemmeno il tempo di cullare un po’ il sogno, durato appena tre giorni, che il progetto della Superlega sembra già naufragato. A infrangere la barriera dorata che i 12 presidenti avevano alzato sono stati i tifosi. Il vero motore di tutto il sistema. E la rivolta è partita dall’Inghilterra, lì dove tutto cominciò il 26 ottobre 1863. Il caos è esploso nella tarda serata di ieri con tanto di riunione d’urgenza prima di mezzanotte. Il presidente Florentino Perez al termine ha preferito non parlare. Prima si è sfilato il Manchester City (dubbioso fin dall’inizio) con tanto di comunicato. Un passo subito accolto con favore dal numero uno dell’Uefa Ceferin: «Sono lieto di dare il bentornato al City nella famiglia del calcio europeo». Poi il Chelsea, con i tifosi che hanno bloccato il pullman della squadra nei pressi di Stamford Bridge (era in programma la gara con il Brighton) tanto che è stato necessario l’intervento dell’ex portiere Peter Cech per mediare, poi poco alla volta tutti gli altri.

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Poco prima della mezzanotte ecco anche la marcia indietro ufficiale di Arsenal («Abbiamo commesso un errore e ce ne scusiamo»), Liverpool, Tottenham e Manchester United. Con l’ad dei Red Devils, Ed Woodward, che si è dimesso. E, a tarda notte, ecco la retromarcia anche dell’Inter: «Non siamo più interessati». 

Dietrofront, come chiesto da Gianni Infantino, presidente della Fifa («I club che scelgono la Superlega pagheranno le conseguenze»), e da Aleksander Ceferin, numero dell’Uefa: «Siete in tempo per cambiare idea». Detto, fatto. Così mentre la Superlega minacciava il calcio e divideva l’opinione pubblica tra pro e contro, le crepe all’interno della stanza di cristallo dei 12 club si facevano sempre più grandi.

Immense, fino alla caduta di tutto. Tanto che addirittura si parlava di dimissioni da parte di Andrea Agnelli (dalla carica di presidente della Juventus) e di Ivan Gazidis da amministratore delegato e direttore generale del Milan. Entrambe le notizie smentite dai rispettivi club, ma non è escluso che possa accadere davvero.

IL CASO PREMIER

Mentre in Italia protestavano Roma («Chiusa e divisiva, siamo contrari») e Napoli («JP chi? La scorsa notte dormivo», il tweet di Aurelio De Laurentiis che negava di essere stato contattato), il monito della Fifa colpiva la Premier nel cuore. Nel campionato nel quale avevano aderito più squadre, ben sei. Il paese che più di tutti si è scagliato contro la Superlega facendola crollare. Con il primo ministro Boris Johnson che continuava a chiedere il rispetto dei valori primari dello sport e agitava lo spettro di una «bomba legislativa» per fermare la Superlega. Tra le azione minacciate dal governo britannico c’erano anche lo stop ai visti per i giocatori stranieri e la revoca del servizio di polizia durante le partite. Oppure con la Lega inglese che minacciava sanzioni pesanti senza guardare in faccia nessuno. Con il rischio di perdere sei top club, ma con la sicurezza che senza Arsenal, Chelsea, Liverpool, Manchester City, Manchester United e Tottenham si potesse sopravvivere. 

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LA RIVOLTA DEI GIOCATORI

A dare inizio alla caduta della Superlega erano stati gli addetti i lavoratori. Nella giornata di ieri a protestare non c’è stato solo Jurgen Klopp, allenatore del Liverpool («Voglio meritarmi le qualificazioni», aveva detto), che nel 2019 aveva addirittura parlato di «dimissioni» in caso di adesione dei Reds a questo progetto. Lo hanno seguito anche i giocatori reds: «Non ci piace e non la giocheremo». Ma anche Pep Guardiola, allenatore dei Citizens e bandiera del Barcellona, altre due squadre che hanno aderito alla Superlega: «Io amo il mio club, ma ho anche il mio pensiero e dico che lo sport non è sport quando non esiste il rapporto tra sforzo e ricompensa», le sue parole. Non solo. Perché Jordan Henderson, capitano del Liverpool, ha chiesto ai suoi parigrado delle altre 19 squadre di Premier un incontro per discutere circa la nascita del progetto, mentre i giocatori dello United hanno sollecitato un chiarimento ai piani alti dirigenziali in merito a un annuncio improvviso e poco gradito. «Il calcio è nulla senza tifosi», è invece il tweet del Baronetto Rashford, attaccante dei Red Devils. Insomma, qualcosa iniziava a muoversi. Tanto da allagarsi in Spagna con il dietrofront di Barcellona (Joan Laporta: «Decidono i soci») e i pensieri dell’Atletico Madrid, lasciando solo il Real Madrid. E isolando le tre italiane, Juventus, Milan e Inter, impegnate oggi nei rispettivi match del turno infrasettimanale. Non è tutto. «Il progetto della Superlega allo stato attuale non è più ritenuto di interesse dall'Inter», ha appreso l’agenzia Ansa, a tarda notte, da fonti nerazzurre alla fine della riunione d’urgenza dei 12 fondatori del progetto.

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STRAPPO DA RICUCIRE CON UEFA

E adesso cosa accadrà? Fifa e Uefa ne escono fortissime, con l’appoggio di tutti. Dal mondo politico a quello sportivo. L’errore da non fare, forse, è quello di credere che tutto sia risolto. Ora è tempo di parlare con i 12 club «traditori» per cercare di capire cosa si possa migliorare. Ma è ancora troppo presto per dirlo. Prima bisogna ricomporre la frattura e magari sedersi ancora attorno a un tavolo e capire i veri motivi (economici) dei dissidi.

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