Serie A-Governo: ancora scintille. Stavolta è scontro sui soldi

Serie A-Governo: ancora scintille. Stavolta è scontro sui soldi
di Emiliano Bernardini
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Lunedì 30 Marzo 2020, 00:49

Il calcio e più nello specifico la serie A è in crisi e lo stop ha acuito tutta la fragilità su cui si poggia il sistema. E così si è corsi ai ripari percorrendo due strade: taglio degli stipendi e richieste (non economiche) al governo. Ed è proprio qui che è nata l’ennesima frizione. Non certo per il fatto che il ministro dello Sport Spadafora in una intervista a Repubblica abbia ribadito che il 3 maggio (data individuata inizialmente dal governo) non si ripartirà e che il divieto di allenamenti sarà esteso fino alla fine di aprile. No. A far scattare i presidenti è stata questa frase: «Lo sport non è solo il calcio e il calcio non è solo la Serie A. Destinerò un piano straordinario di 400 milioni allo sport di base. Dalla Serie A invece mi aspetto che le richieste siano accompagnate da una seria volontà di cambiamento». «Prendo atto con soddisfazione, in attesa dei gesti concreti» ha commentato il presidente dei dilettanti, Cosimo Sibilia.

Apriti cielo, invece, a via Rosellini a Milano. Fin dalla mattina si sono susseguite telefonate dai toni accesissimi tra i vari presidenti che ritengono la serie A la «locomotiva del calcio di base e indirettamente di tutto lo sport italiano». In serata è arrivato anche un comunicato firmato dal numero uno Paolo Dal Pino in cui si rimarca «basta demagogia e polemiche. In Italia oltre 32 milioni di appassionati seguono il calcio, un fenomeno sociale ed economico che dà lavoro a più di 300 mila persone generando l’1% del Pil nazionale. La Serie A produce direttamente ogni anno circa 3 miliardi di euro di ricavi totali e generando un indotto di 8 miliardi a beneficio dell’intera piramide calcistica, oltre a una contribuzione fiscale e previdenziale di 1 miliardo di euro». Di fatto la Lega rivendica la sua centralità proprio per la mutualità che versa (quest’anno 130 milioni) e che serve per la sussistenza dei settori giovanili e di sport diversi dal calcio. Un feeling, quello tra il ministro Spadafora e la serie A, che si è incrinato proprio nei giorni in cui si decideva la sospensione del campionato in quella parentesi poco piacevole tra porte chiuse e partite in chiaro. Oggi l’argomento sarà nuovamente discusso nella call-conference prevista dalla Lega. Ma l’argomento principale resta quello degli stipendi. 

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SOLCO TRACCIATO
La Juve sabato ha tracciato un solco ma la via che oggi la serie A cercherà di prendere nel tavolo organizzato con l’Aic non è per forza la stessa dei bianconeri. Anzi. L’accordo raggiunto da Agnelli con la squadra prevede che Sarri e i suoi i calciatori rinuncino a percepire il pagamento di 4 mensilità nel corso di questa stagione sportiva (marzo, aprile, maggio, giugno), recuperando tuttavia 2,5 mensilità nel corso delle prossime stagioni. La rinuncia reale per calciatori e allenatore è dunque di una mensilità e mezza. Di fatto dunque sul bilancio 2019-2020 la Juve risparmierà 90 milioni. Ma il risparmio reale è di circa 34 milioni di euro, visto che i restanti 56 verranno spalmati. «L’accordo è un esempio per tutto il sistema» ha rimarcato ieri il presidente della Figc, Gabriele Gravina. Esempio dunque e non l’unica via da seguire. 

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LE IPOTESI
E sul tavolo oggi verranno poste due diversi tipi di proposta. Si cerca di raggiungere un accordo collettivo. «Sul tavolo abbiano un elemento in più rispetto alle scorse settimane perché dopo le parole del ministro Spadafora la preoccupazione che si chiudano qui i campionati c’è» ha sottolineato il presidente dell’Aic, Damiano Tommasi. La prima ipotesi prevede la sospensione degli stipendi fino a quando non si riprende l’attività. Tradotto: nel caso in cui il campionato finisse qui i calciatori rinuncerebbero a 4 mensilità. Un modo per evitare la messa in mora del club o addirittura la possibilità che qualcuno possa svincolarsi (a chi conviene?). Poi c’è il taglio. Possibile una decurtazione progressiva con percentuali a salire in base al lordo. Si va dal 15% al 30%. Oppure un taglio orizzontale uguale per tutti del 30%. Nessun obbligo di accordo collettivo, qualsiasi intesa potrà essere ratificata club per club, in maniera individuale. E c’è di più perché i calciatori possono anche rifiutarsi. E in caso di cessione di un giocatore a giugno? Il club potrà trattare una buonuscita o eventualmente, valutare un accordo anche con la società che acquisterà il giocatore. Un tema che potrebbe anche essere toccato, eventualmente, nelle varie contrattazioni per gli accordi individuali. Ipotizzando un taglio del 30%, a fronte del miliardo e 300 milioni di ingaggi totali, la serie A risparmierebbe circa 390 milioni di euro. Circa la metà delle perdite ipotizzate: 720 milioni.

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