Sarri, le 5 mosse con cui ha steso Mourinho nel derby: dall'attesa pigra alle fasce, i piani riusciti

Il tecnico della Lazio ha "coperto" Zaniolo e Pellegrini, ma non solo

Sarri, le 5 mosse con cui ha stesso Mourinho nel derby: dall'attesa pigra alle fasce, i piani riusciti
di Andrea Sorrentino
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Lunedì 7 Novembre 2022, 11:55 - Ultimo aggiornamento: 18:39

Vincere il derby val bene un'abiura, o un'inversione a U. Contava l'effetto sorpresa, e solo quello, insieme ai tre punti. Maurizio Sarri, il sacchiano, il guardiolano, insomma l'allenatore italiano che più guarda alla lezione del gioco offensivo che discende dai sacri lombi dell'Olanda anni '70, ha vinto il secondo derby (su tre) della sua avventura alla Lazio, giocando all'italiana e difendendosi. Ossia attingendo a piene mani al patrimonio genetico dei padri del calcio difensivo di casa nostra, da Rocco a Trapattoni a Capello, insomma il caro vecchio “primo non prenderle”, accompagnato dallo studio meticoloso dei punti deboli dell'avversario. Snaturarsi per scoprire dentro di sé una natura vincente, anche andando contro le proprie convinzioni, è stato il vero successo di Sarri, e anche il segnale che la sua squadra sta oggettivamente crescendo, perché può mutare forma e sostanza, eppure rimanere se stessa. Così la Lazio ha vinto il derby in poche e ciniche mosse, aspettando che la Roma cadesse nella rete. E ci è caduta, con tutte le scarpe: da Mourinho, sinceramente, nessuno se lo aspettava.

1 – Il calcolo di Sarri è stato giusto. Non aveva la migliore Lazio sul piano qualitativo, perché la contemporanea assenza di Milinkovic-Savic e Immobile, oltre a essere praticamente un unicum nella storia recente del club, privava la squadra delle vere luci offensive.

Di contro, Sarri sapeva benissimo, e ormai lo hanno capito un po' tutti gli allenatori della serie A, che la Roma fa una fatica dannata quando le tocca l'onere di “fare la partita”, anziché giocarne una di rimessa: priva di qualità in regia, la squadra di Mourinho non vuole, e non può, avere il possesso del pallone. Invece Sarri gliel'ha concesso (59% finale per i giallorossi), mettendo l'avversario in grave imbarazzo. Tanto il Comandante sapeva di avere una delle migliori difese della serie A, per l'esattezza la seconda dopo la Juventus, quindi poteva permettersi l'attesa.

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2 – Dopo avergli lasciato il controllo del pallone, la seconda fase della strategia è stata quella dell'attesa bassa, quasi pigra, praticamente con dieci uomini dietro la linea della palla e acquattati nella propria trequarti campo: tattica molto poco sarriana, ma forse solo in apparenza, perché in fondo è la stessa che valse alla Lazio la vittoria nel derby d'andata dello scorso anno. I biancocelesti hanno difeso di fatto a 4-5-1, compatti e perfettamente allineati, chiamando l'avversario alla circolazione di palla (sterile). Hanno anche rinunciato quasi sempre al pressing alto sulla prima impostazione della Roma, per risparmiare energie. Sono saliti a pressare solo due o tre volte, e in una di quelle hanno fatto gol, grazie a Ibanez. Un delitto perfetto.

3 – Oggettivamente, non potendo temere la regia di Cristante e Camara, e neppure le scorribande sulle fasce di Karsdorp e Zalewski perché erano ben tamponati, Sarri sapeva che gli unici pericoli la Roma poteva portarli con Pellegrini e Zaniolo. Sul capitano giallorosso, è bastata la furia e il dinamismo di un Cataldi in condizioni atletiche scintillanti: ha annullato l'avversario, che invece non stava bene e infatti è uscito dal campo a inizio ripresa, ormai stremato e infortunato. Quanto a Zaniolo, ormai anche i pali delle porte dell'Olimpico sanno che è pericoloso solo se ha davanti metri per partire in progressione: è bastato accorciare sempre su Zaniolo (Romagnoli in prima battuta ma anche coi raddoppi di Cataldi e di Marusic) per disinnescarlo, poi fare muro sui suoi tentativi di sfondamento è risultato persino semplice.

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4 – Per vincere il derby, Sarri ha avuto bisogno anche del fondamentale contributo in copertura dei due intermedi di centrocampo. E se da Vecino era lecito aspettarsi una prova piena di concretezza difensiva (quelle sono le partite che l'uruguagio predilige, da trincea intelligente e ordinata), era meno probabile che tanto sacrificio arrivasse anche da Luis Alberto. Invece il recalcitrante Mago ha fatto il suo, e ha dato un contributo prezioso. Segno che Sarri è riuscito a coinvolgere lo spagnolo a giocare una partita che neppure lui aveva nelle sue corde.

5 – L'ultimo punto riguarda invece quello che non ha funzionato fino in fondo nel piano di Sarri. La squadra era programmata per difendere e contrattaccare, ma ha svolto alla perfezione solo la prima parte del piano. Quando si è trattato di ripartire, la Lazio ha faticato moltissimo, infatti è riuscita a costruire solo una vera azione da gol, al 28' della ripresa con Felipe Anderson dopo cavalcata di Cancellieri in contropiede. Era troppo rattrappita dietro, la squadra di Sarri, preoccupata soprattutto di non lasciare spazi, così nei contattacchi non era organizzata, e in numero sufficiente per offendere. Ma non ha avuto bisogno di altri gol, dopo quello dell'1-0. Contro una Roma così grigia, è bastato l'arrocco di Sarri, il profeta del gioco offensivo che per una sera si è travestito da Nereo Rocco. E forse la soddisfazione è doppia.

 

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