FISICO BESTIALE
Agli Europei che accesero la scintilla la periferia che si concedeva la passeggiata nel centro storico del calcio eliminando ai quarti l'Inghilterra la lavagna tattica era disegnata da Lars Lagerback. All'ombra del Cremlino oggi c'è il suo vecchio vice, il dentista Heimir Hallgrimsson, 51 anni, un 4-5-1 barra 4-4-2 che all'esordio dei vichinghi in un mondiale (sabato scorso) ha saputo inceppare Leo e l'Albiceleste. L'Islanda che cerca il punto esclamativo con la Nigeria è una squadra che conosce se stessa, galoppa, mette il fisico all'ordine del giorno perché catenaccio e muscoli, si sa, possono grattare i divari. Il divario con la Nigeria non è poi così tanto. Corrono a testa bassa anche le Aquile, dove non arriva la tecnica comincia l'atletismo, di certo troppo agio per la Croazia nel due a zero del debutto: la difesa a quattro (Shehu, Trost Ekong, Balogun e Idowu), la protezione di Ndidi ed Etebo, il trio delle offensive Moses, Mikel e Iwobi dietro Ighalo. La guida nigeriana è tedesca, il 64enne Gernot Rohr, ed siamo all'ultima chiamata: dentro o fuori.
SIMPATIA
La Nigeria fu la simpatia di Usa '94, era il suo battesimo mundial con Grecia e Arabia Saudita e vi si guardava come a un oggetto volante poco identificato (in realtà ci volle Baggio per toglierci dai guai). Smezza quel ruolo con Panama, adesso, l'Islanda, il cui pari con l'Argentina registrava il 99.6 per cento di share in patria. «Quello 0.4 per cento eravamo noi in campo», così Finnbogason. Là, in Islanda, dicono che Gunnarsson, tra il Real Madrid e la maglia della nazionale, sceglierebbe la seconda. Le donne invece scelgono Rurik Gislason, in campo mezz'ora sei giorni fa, attaccante della B tedesca (Sandhausen), quale calciatore più figo del mondiale: mezzo milione di seguaci su Instagram nel giro di un amen, «un incrocio tra Thor e Beckham», s'è letto. Partirà dalla panchina, il bello, con la Nigeria, perché qui non c'è in ballo l'estetica. C'è l'Islanda che vuol spingere la sua storia un po' più in là. Tanto poi al fischio finale il mitico Húh (l'applauso ritmato coi tifosi) non glielo toglie nessuno.
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