Tudor: «I ragazzi cresciuti con la guerra sono gli eroi di questa Croazia»

Tudor: «I ragazzi cresciuti con la guerra sono gli eroi di questa Croazia»
di Gabriele De Bari
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Sabato 14 Luglio 2018, 09:30
Tudor, venti anni dopo la semifinale mondiale persa contro la Francia, sarà rivincita?
«Le premesse, tecniche e tattiche, per la storica impresa ci sono tutte, un’occasione unica che non possiamo fallire».
Ma il pronostico dice Francia...
«Anche contro l’Inghilterra il pronostico era nettamente a favore degli inglesi...».
Quindi lei crede nel miracolo?
«Ci crede tutto il popolo croato, perché la squadra è forte, completa e ha acquisito anche la necessaria esperienza internazionale per arrivare fino in fondo».
 
In pochi avrebbero scommesso sulla Croazia in finale.
«Onestamente nemmeno io. È vero che le aspettative sulla nostra nazionale erano tante, pensavano a un ottimo Mondiale, però il risultato ha stupito tutti».
Quali sono stati i segreti della squadra di Dalic?
«È una formazione che ha ultimato, proprio in questo appuntamento russo, il suo percorso di crescita. Sono ragazzi che giocano insieme da una decina di anni, hanno collezionato due Europei e un Mondiale perciò, oltre alle qualità tecniche, il gruppo ha potuto acquisire solidità mentale per gestire le situazioni più delicate e cementarsi nella ferrea volontà di centrare l’obiettivo. Hanno voglia di vincere, si aiutano tutti, sono pronti a lottare e soffrire, con orgoglio e quel senso di forte nazionalismo che ci ha sempre caratterizzati».
La Croazia continua a essere una riserva di preziosi talenti.
«Ne abbiamo avuti sempre tanti, però stavolta si è vista anche la concretezza che era mancata in alcuni tornei. La squadra che partecipò al Mondiale in Italia, infatti, penso sia stata la più forte di sempre con calciatori di valore assoluto come Savicevic, Boksic, Suker, Stojkovic, Prosinecki. Eppure si fermò ai quarti, eliminata ai rigori, dall’Argentina di Maradona. Adesso c’è Modric, che interpreta alla perfezione il ruolo di leader indiscusso, di trascinatore dentro e fuori dal campo, e può contare su ottimi compagni. Ma la classe di quei fenomeni era qualcosa di irripetibile. Eppoi in panchina c’è un tecnico davvero preparato che completa il mosaico vincente».
Da allenatore che nome suggerirebbe, tra quelli meno noti.
«Dico Rebic che, nella esperienza in Bundesliga, è molto cresciuto: può giocare da prima o da seconda punta, mi ricorda Alen Boksic».
Ancora la Francia sulla strada della gloria.
«Il gol irregolare di Thuram grida ancora vendetta. Avremmo meritato noi di andare in finale ma è sempre problematico battere la squadra che gioca in casa. Avevo venti anni, facevo già parte della squadra, dove ho giocato dieci anni, e soffrimmo tantissimo per quella sconfitta. Questa è la situazione che aspettavamo da tanto tempo per riscrivere la storia. A Mosca partiamo alla pari, sogniamo di vivere l’ennesima e indimenticabile impresa».
Cosa significa questo momento esaltante per la Croazia?
«Vi lascio immaginare quello che sta vivendo il popolo croato. Sentiamo ancora le pesanti conseguenze della guerra, ci sono seri problemi economici nel Paese con i quali si convive. Questo Mondiale ha portato la piccola Croazia, con quattro milioni di abitanti, alla ribalta internazionale, tutti parlano di noi. Una rivincita sulle disgrazie che hanno lasciato ferite profonde, un raggio di luce che ha attraversato e illuminato città e paesini, letteralmente impazziti per le vittorie nel calcio. Un mese fantastico che resterà per sempre scolpito nella memoria di tutti, perciò dobbiamo ringraziare questi ragazzi che, al tempo della guerra, erano dei bambini. Oggi sono i nostri eroi».
 
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