Romulo: «Serve la gara perfetta ma con Piatek in campo possiamo battere tutti»

Romulo: «Serve la gara perfetta ma con Piatek in campo possiamo battere tutti»
di Marco Callai
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Sabato 22 Settembre 2018, 09:30
Romulo e la Capitale. Storie di ripetuti contatti e corteggiamenti che non vanno mai a buon fine. Nessun rimpianto per il trentunenne di Pelotas, dal 2014 naturalizzato italiano. Il suo carattere ben si specchia nel Genoa di Ballardini. Corsa, intensità, grinta: tutte qualità pronte a esser messo sul piatto della sfida di domenica pomeriggio contro la Lazio e, più a lungo termine, a disposizione del ct Mancini. In estate lo cercavano dalla Francia, dall’Inghilterra, dalla Russia. 
Perché, dopo 4 anni a Verona, è rimasto in Italia? 
«Sono molto legato a questo paese. Amo la lingua, il cibo e la cultura. Il motivo speciale è la grande voglia di tornare in Nazionale e giocare in Italia aiuta. Nel 2014 rinunciai ai Mondiali perché non ero al meglio: lo feci, però, con la speranza di poter esser comunque chiamato in azzurro in futuro. Non è ancora accaduto ma farò di tutto per realizzare questo sogno».
Nel 2014 ha anche dovuto affrontare 5 operazioni per sconfiggere la pubalgia. Dove ha trovato la forza? 
«Mi dicevano che dovevo smettere oppure che se anche avessi ripreso a giocare non sarei tornato a esser quel Romulo che correva 15 chilometri a partita e spingeva con tanta intensità. Non volevo crederci. Pregavo tutti i giorni. Mi hanno sostenuto la fede e mia moglie Pamela».
Perché ha scelto il Genoa? Su di lei c’erano anche Roma e Lazio…
«Sì, entrambe erano interessate. Il mio procuratore mi chiamava ogni giorno a giugno per comunicarmi, in particolare, l’interesse dei giallorossi. Chiedevano di aspettare un po’, dopo lo svincolo dal Verona, perché attendevano la partenza di un giocatore. Il Genoa però, dopo avermi cercato già a gennaio insieme alla Lazio, mi voleva a qualsiasi costo e subito, così non ho avuto dubbi. Questa è una città stupenda e apprezzo il modo in cui i genovesi stanno reagendo alla tragedia del ponte Morandi».
Soddisfatto dell’avvio in campionato? 
«Sei punti sono tanti ma potevano esser 7 o addirittura 9. Contro il Sassuolo avevamo la partita in mano ma abbiamo pagato 11 minuti di black-out. La squadra lotta e può contare su grandi talenti come Piatek e Kouamè. Pandev ci dà una grossa mano e l’esperienza di Criscito è decisiva».
Lei e la Lazio. Se le dico 5 maggio 2014… 
«Lazio-Verona 3-3, la mia prima partita dopo l’inizio della pubalgia. Non stavo bene e infatti sono entrato solo a metà secondo tempo. Il mio gol, sul 2-2, poteva regalarci la vittoria e l’Europa League. Una nostra stupidata, in area su Klose, ci costò il rigore del pareggio. In tribuna però, a fine partita, il ct Prandelli comunicò al nostro presidente la mia convocazione nella rosa dei 30 per il Mondiale. L’Olimpico mi porta bellissimi ricordi».
Cosa pensa della squadra di Inzaghi? 
«Hanno perso uno dei difensori più forti del campionato ma credo continueranno a fare bene. Inzaghi pratica un bel gioco con tanto pressing e velocità nella circolazione della palla. E poi c’è Immobile, uno degli attaccanti più forti d’Europa».
Quale strategia adotterete per metterli in difficoltà? 
«Dovremo fare una partita vicina alla perfezione. Serve sbagliare il meno possibile ma anche approfittare del fatto che abbiamo un bomber come Piatek capace di segnare a chiunque».
Domenica sera incontrerà il suo connazionale Lucas Leiva.
«Lo conosco, ha casa vicino a me in Brasile e ogni tanto ci sentiamo. Mi piaceva già quando giocava nel Gremio, la mia squadra del cuore, e ha fatto bene anche in Inghilterra e ora in Italia». 
 
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