Zaniolo, da Milano a Roma la strada (giusta) del successo

Nicolò Zaniolo
di Stefano Carina
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Giovedì 5 Dicembre 2019, 09:30 - Ultimo aggiornamento: 12:35

No, non può essere una partita come le altre. C’è qualcosa in più, soprattutto in ottica nerazzurra quando si parla di Zaniolo che somiglia molto a un’occasione perduta. Sia a livello d’immagine per il colosso Suning che in campo per Conte, suo grande estimatore. Ma è un rimpianto, quasi a senso unico. Perché chi conosce bene Nicolò, assicura come il ragazzo stia vivendo l’avvicinamento alla gara di domani con grande serenità. Non è mosso da chissà quali rivincite. I numeri del resto, parlano per lui: a 20 anni e 126 giorni (al 2 novembre, giorno dell’ultima rete al Napoli) ha già segnato 11 gol in giallorosso. Meglio di lui soltanto Totti e Amadei, non gli ultimi arrivati. Cresciuto con il mito di Kakà, Zaniolo sta trovando spazio, conferme e consensi come esterno destro nel 4-2-3-1. Ruolo che inizialmente non digeriva, perché si vedeva trequartista. Gli sono bastate poche gare, però, per rendersi conto che Di Francesco non sbagliava. Anche con Fonseca, dopo il derby, è stato spostato in questa posizione più defilata ma comunque centrale nel gioco del portoghese. Nicolò può così sfruttare la sua fisicità: dirompente, imprendibile, quando riesce a prendere velocità. 
UN CAPELLO POLEMICO
E letale, in questa stagione, anche nel gioco aereo: il gol di testa (al Moenchengladbach) arricchisce un bagaglio tecnico che già può vantare un tiro dalla distanza non indifferente. Per informazioni chiedere a Meret ma anche a Strakosha, salvato nell’ultima stracittadina soltanto da due clamorosi pali. Una crescita costante che ha fatto cambiare idea anche a Capello. Da che Esposito «non doveva prendere la stessa strada» di Zaniolo, ora per l’ex tecnico di Roma, Milan, Real Madrid e Juventus s’è trasformato «nel miglior talento italiano». Domani Nicolò torna a San Siro. Lo scorso anno Ranieri gli preferì Under. Subentrato nella ripresa, non giocò una grande partita. Era un periodo complicato: dopo la doppietta al Porto era arrivato l’esonero di Eusebio al quale s’era sommato lo scarso feeling con il tecnico di San Saba. Anche l’estate caratterizzata dai rumors di mercato non lo aveva aiutato. È bastato saper attendere. Merito di Fonseca, bravo a non caricarlo di pressioni all’inizio, affidandosi poi alle sue qualità quando ha capito che il ragazzo era pronto. Anche per lasciare il segno domani.

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