Ci sono vittorie e vittorie. Perché tutte regalano tre punti ma poi ci sono quelle che danno una consapevolezza dei propri mezzi, una fiducia e un'intraprendenza diversa. Tirana ne è un esempio. Milano potrebbe avvicinarsi. Vincere a San Siro in rimonta, soffrendo, finalmente contro una big del nostro campionato e in più sfatare un paio di tabù fastidiosi (tra i quali i 3 ko consecutivi con Inzaghi), è il viatico migliore per iniziare la lunga volata che porterà alla seconda sosta per il mondiale in Qatar. Ma c'è di più: perché il successo di sabato potrebbe rappresentare lo switch mentale della stagione. Non sono passate inosservate le parole di Mancini ai compagni di squadra dopo il pareggio di Paulo Dybala: «Siamo più forti». Ma anche quelle di Mourinho a fine gara, sceso dal pullman mentre si abbracciava con uno steward del club e Giuseppe Virgili, collaboratore dello staff: «Bravi ragazzi, non abbiamo paura di niente, grandi palle». Proprio quelle palle che secondo José erano mancate lo scorso febbraio a San Siro, sempre contro l'Inter, e che lo avevano fatto tuonare nello spogliatoio con una reprimenda seconda soltanto alla nottataccia di Bodø.
CONTRAEREA GIALLOROSSA
Poi le gare si possono vincere o perdere per dettagli ma quello che rimane è il risultato.
IL TRASFORMISTA
Come non è poco il modo nel quale Mou sta cambiando la Roma. Se è vero che il portoghese rimane il tecnico che in serie A utilizza meno la panchina (4 sostituzioni di media e soprattutto 648 minuti in campo dei subentranti rispetto agli oltre 900 di quelli utilizzati da Sarri e Pioli) a Milano ha mostrato ancora una volta le sue capacità di trasformista. A San Siro è partito senza punte, con Pellegrini a fare il pendolo tra la posizione di falso nueve e quella di trequartista, e ha poi finito con due centravanti. A Salerno e con la Cremonese aveva schierato i Fab Four; a Udine è partito con il 3-5-2; a Torino per recuperare ha virato prima sul 4-2-3-1 per poi rifugiarsi nel modulo paracadute 3-5-2 una volta agguantato il pari. Non c'è partita nella quale José non s'inventi qualcosa, attingendo ad una rosa che ora gli regala più possibilità di scelta. E se si pensa a quello che Wijnaldum avrebbe potuto dare a questa squadra, il rimpianto è grande. Bisognerà attendere gennaio ma nel frattempo c'è spazio e tempo per presentarsi all'appuntamento con Gini nel migliore dei modi.