Roma-Verona 1-0, solo un grido: Solbakken. Incassati tre punti che la confermano terza

In emergenza e con Abraham costretto a uscire dopo 15’, la squadra di Mourinho piega il Verona con la prima rete del norvegese

Roma-Verona 1-0, solo un grido: Solbakken. Incassati tre punti che la confermano terza
di Alessandro Angeloni
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Lunedì 20 Febbraio 2023, 01:04 - Ultimo aggiornamento: 08:00

E’ la notte di un invisibile, si chiama Ola Solbakken, che prima di ieri aveva giocato solo sei minuti con la maglia della Roma. Sei, distribuite su tre partite. Lui è quello che non capiva dove fosse capitato; non sapeva distinguere un 3-5-2 da un 3-4-2-1. Insomma, un inadeguato, uno fuori dal contesto. Il norvegese contro il Verona, alla prima da titolare, mette il timbro sulla vittoria, con una rete da attaccante vero, per movimento e per il colpo, botta di sinistro a incrociare, di prima intenzione. Applausi. Ola gioca poco più di un tempo, quanto basta per far capire a Mou che può contare su di lui. Sta cominciando a capire. E’ la notte - macchiata da qualche coro contro i napoletani - anche di Rick Karsdorp, che aveva “tradito” (espressione mutuata da Mourinho, che ha ammesso di aver esagerato) e che ora è utile e chissà, magari diventerà pure indispensabile. E’ necessario. Anche lui fisicamente a mezzo servizio, ma ora è uno vero in più. E’ la notte di Leo Spinazzola, finalmente all’altezza, finalmente una Spina. E’ la notte dei fantasmi, appunto, degli invisibili. Il Verona si batte così, con coraggio, con la stoffa, nel pieno dell’emergenza, senza i tenori, Pellegrini e Dybala e poi anche Abraham, che dura quindici minuti. Tre punti pesanti, a pochi giorni da un match di Europa League, da dentro o fuori. La Roma resta con il Milan al terzo posto, a tre punti dall’Inter seconda. La Champions è lì, esiste. 

 

GUIZZI

Tacco di Spinazzola, sinistro di Solbakken.

Questa perla è il gol del successo. Esiste pure una Roma senza Dybala, che va avanti per la sua strada, con un po’ di fatica, senza la sua parte più bella del corpo. Pellegrini viene tenuto a riposo e se ne sta in panchina, non c’è la Joya, e dopo quindici minuti si fa male pure Abraham, già debilitato dall’influenza, che incassa un colpo sull’occhio, e finisce ko, ci vorranno i punti. La Roma non si trasforma in Cenerentola, ma in qualche modo riesce a conquistare la vittoria grazie alle seconde linee. Il problema è come vedi la rosa: a volte è corta, a volte non lo è. A volte l’emergenza aiuta per rendersi conto di certe cose. Stavolta corta non lo è stata, perché il norvegese, dopo la manciata di minuti in cui ha potuto fare il fantasma, stavolta, con la fiducia addosso, sorprende. Prima da titolare e gol decisivo. In mezzo, qualche incertezza, qualche palla smarrita. Questione di abitudine e lui, qui, è un disabituato. Un uomo senza occasioni. Il gol della Roma è bello, la Roma in generale un po’ meno, ma non è una sorpresa. E’ la solita squadra. Seria, tosta, senza inutili scintille svolazzi, non accattivante ma tanto efficace. L’attacco è sperimentale: ElSha, Belotti e, appunto, Solbakken. Il Faraone è in vena, dialoga bene con Spinazzola ed è protagonista di un paio di iniziative di qualità, con tiri che però finiscono sempre in bocca al portiere Montipò. Spinazzola non sembra nemmeno venga da un infortunio (si era rifermato a Napoli), l’ennesimo poi. E’ in versione Europeo? Esagerato, ma c’è, corre, sgasa, si propone e poi quell’assist di tacco è un bijou. La difesa ha il suo lavoro da fare, Ngonge a volte è imprendibile e qualche apprensione la mette. Smalling viene a monito per un fallo a centrocampo e salterà Cremona. Mancini risponde colpo su colpo ai fallacci del Verona, Ibanez prova a fare l’uomo in più là davanti. Regna l’equilibrio fino al gol della Roma, che arriva sul calare del primo tempo, in zona recupero. 

LA RIPRESA

Tra i “nuovi” c’è anche Karsdorp, che non galoppa come un tempo ma dà la sensazione che a destra la Roma sappia e possa “offendere” e non solo conservare. Doig sfiora il pari, Cristante-Mancini gli deviano il tiro, è il sussulto del Verona, che non ci sta e capisce che la partita non è finita sulla rete di Solbakken. Mou rinfresca l’undici e chiama fuori Karsdorp e il norvegese, stremati dopo il primo tempo e dalla disabitudine alla partita. Zalewski va a fare il trequartista, Celik prende il posto dell’olandese, gli altri continuano a correre e a sacrificarsi. La Roma corre meno rispetto al primo tempo, il Verona ci prova ma nemmeno troppo. Entra anche Wijnaldum, che fa parte, per colpe non sue, dell’elenco degli invisibili. Mou lo sta recuperando pian piano, perché per raggiungere gli obiettivi non basta un numero congruo di giocatori, ma servono quelli di qualità. E Gini ha dimostrato, non ancora qui, di averne. Nel finale sta per entrare nel tunnel della gloria anche Belotti, che dopo aver combattuto per più di un’ora, sfiora il gol di testa, su sponda di Ibanez. Stavolta il Gallo fa quello che deve fare, ma Montipò non ne vuole sapere. Mou sorride, anche la Roma II è in grado di volare.

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