Roma, il ventennale. La lunga cavalcata nel segno di Batigol

La lunga cavalcata nel segno di Batigol
di Alessandro Angeloni e Ugo Trani
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Giovedì 17 Giugno 2021, 07:30 - Ultimo aggiornamento: 08:15

In 13 mila nella curva Sud dell’Olimpico per lanciare subito la sfida alla Lazio campione d’Italia. È il 6 giugno del 2000, Franco Sensi presenta il suo acquisto di lusso: è Gabriel Batistuta, pagato 70 miliardi a Cecchi Gori. Il Re Leone sbranerà gli avversari e diventerà il centravanti del terzo scudetto: mitra da 20 gol e raffica per la vittoria. Batigol il gran colpo, ma anche Samuel ed Emerson. Più Zebina, Guigou e il ritorno di Balbo. Capello finalmente è accontentato. Può sfidare le big del torneo e vincere lo scudetto pure nella Capitale. Il presidente, rinunciando due anni prima a Zeman, lo ha preso per il tricolore. C’è abbondanza a Trigoria. Campioni per tutti i gusti: Cafu, Candela, Tommasi, Totti, Montella e Delvecchio. Anche gente tosta come Zago o di qualità come Cristiano Zanetti.

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EQUILIBRIO E POTENZA

Si fa male in estate Emerson.

Perderà mezzo torneo. Batistuta si scatena. Ha la doppietta facile. E comincia a sparare all’Olimpico e fuori. Ha il 18 sulle spalle. Gli hanno premesso il 9, Montella se lo tiene stretto. E comincia la sfida al nuovo centravanti e a Capello, l’apice alla penultima giornata quando prima di entrare in campo a fine partita lanciò una bottiglietta d’acqua all’allenatore. La rivalità nello spogliatoio sarà la chiave del trionfo. Anche perché il terzo attaccante titolare, con il Re Leone e Totti, è Delvecchio, il pupillo del tecnico che lo ritiene preziosissimo. Sta largo e permette alla Roma di cambiare il sistema di gioco in partita. Capello si difende con quattro giocatori, si attacca lasciandone poi tre a proteggere Antonioli. Bastano e avanzano Zebina, Samuel e Zago. Cafu fa l’ala, Delvecchio pure, alle sue spalle sbuca sempre Candela. A correre pensa Tommasi. Zanetti è il vice Emerson: in regia è più svelto di quanto si possa pensare. Davanti Batigol e Totti si dedicano al tiro a bersaglio.

DOPPIA RIMONTA

L’acquisto di Batistuta ha indirizzato la stagione. Altre tappe hanno poi certificato la supremazia giallorossa. La doppietta del Re Leone al Tardini, con Emerson finalmente a disposizione, per vincere in rimonta contro il Parma, non quello di oggi che comunque riavrà, anche in B, Buffon in porta. La giornata della vittoria sarà però la numero 29. Dopo ne mancheranno solo cinque e Capello riuscirà a conservare il vantaggio che è comunque di sicurezza. Il 6 maggio a Torino è come se ci fosse in palio lo scudetto. Al Delle Alpi, quello che non è mai piaciuto all’Avvocato, freddo e distante dal centro città, e che oggi è l’Allianz Stadium. La Roma, la settimana precedente, è stata raggiunta dalla Lazio nel derby, pur partendo da 2 reti di vantaggio, con Batistuta e Delvecchio, prima di quelle di Nedved e Castroman in extremis. Con la Juventus accade l’esatto contrario. Uno-due dei bianconeri appena entrati in campo: Del Piero e Zidane. All’intervallo i giallorossi, rischiando la goleada, arrivano sotto di 2 gol.

Proprio Ancelotti, l’ex romanista caduto l’anno prima nel duello con la Lazio e scivolato sul più bello sotto il diluvio di Perugia, si sta mettendo di traverso nella volata. Capello, però, interviene per cambiare la storia del match inserendo subito Montella per Delvecchio e dopo un’ora Nakata per Totti. Fuori due titolari, decisivi fino a quel momento nella corsa scudetto. La prima rete è proprio del giapponese, l’altra in acrobazia, dopo respinta difettosa di van der Sar, dell’Aeroplanino. Così restano 5 i punti di vantaggio, a 5 giornate dal traguardo, sulla Lazio campione d’Italia e 6 sulla Juventus che poi arriverà seconda.

SVOLTA FUORI CAMPO

Il 2-2 è meritato. E avvicina la Roma al titolo. Il risultato, però, non è tutto. Il dg bianconero Moggi iniziò a protestare già la sera del 4 maggio, cioè due giorni prima dello scontro diretto. Non accettò la decisione della Corte Federale di cambiare in corsa la norma sugli extracomunitari. Accolta, anche a sorpresa perché sul finire del torneo, la richiesta di tre big: il Milan, l’Inter e soprattutto la Lazio. Che indirettamente agevolò proprio la Roma. Fino a quel momento, tesserabili 5 extracomunitari e utilizzabili 3. La Roma a Torino ha avuto la possibilità di schierare subito i suoi 5. Le sostituzioni pesano sul verdetto, facendo infuriare la dirigenza della Juve. Con Nakata, cambio per Totti, quella notte entrò pure Assunçao per Zanetti. La rosa di Capello dimostrò a quel punto di essere la migliore in quella stagione. La coincidenza curiosa nelle puntate conclusive: Braschi della sezione di Prato, l’arbitro dei tre match scudetto. Nel derby, a Torino con la Juve e per la festa all’Olimpico con il Parma. Il 17 giugno segnarono Totti, Montella e Batistuta. A firmare il copione, Capello.

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