Partiamo dall’obiettivo, minimo, misero (a cui la proprietà tiene in ogni caso), ma pur sempre un obiettivo (l’ultimo, il solo): il piazzamento al settimo posto, che vuol dire Conference League. La Roma ha due punti in più dalla “concorrente” Sassuolo, che ospita la Lazio. Con vittoria o pareggio, la squadra di Fonseca sarà piazzata in Europa, in caso di pari punti in classifica, invece conterà la differenza reti e al Sassuolo servirà vincere con cinque gol di scarto (con 4 le due squadre sarebbero pari anche nella classifica avulsa e ci vorrà il sorteggio) se vuole scavalcare i giallorossi. Ecco, Fonseca, dopo un anno molto modesto, non vuole certo lasciare la Roma all’ottavo posto. Di giocatori a disposizione ne ha pochi, ma quelli che ha dovrebbero bastare per non andare incontro a brutte figure, contro una squadra che il suo scudetto, la salvezza, l’ha appena vinto. Saranno tanti a salutare, non solo Fonseca, che lascia senza rancore, anzi. «Non ho ottenuto risultati ma ho costruito grandi rapporti con le persone, per me è importante. È stato un grande orgoglio essere allenatore della Roma, ho imparato molto qui: il rapporto con i tifosi che sono stati sempre gentili con me, le persone che hanno lavorato qui. Io parto ma lo faccio con la Roma, i tifosi e il club nel cuore. Cosa lascio in eredità? L’equilibrio, il non fare drammi quando si perde. E’ vero che qui c’è una pressione molto grande sulla squadra ma è importante lasciare questo sentimento, che quando si perde non si devono fare drammi ma bisogna avere un equilibrio forte per una squadra che vuole sempre vincere». L’equilibrio è importante, ce ne vorrebbe sempre di più, ma forse è poco: la squadra non ha ottenuto granché.
LO STRAPPO
E tanto, forse, è dipeso dallo strappo con Dzeko dopo quel Roma-Spezia di Coppa Italia.