Roma, fallisce l’addio a Piazza Affari: Friedkin, meno soldi per il club

Roma, fallisce l’addio a Piazza Affari: Friedkin, meno soldi per il club
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Sabato 7 Novembre 2020, 07:30

 La Roma per ora resta quotata a Piazza Affari. Fallisce l’obiettivo di Dan Friedkin di togliere il club giallorosso dal listino milanese attraverso l’offerta pubblica totalitaria promossa dopo aver acquistato l’estate scorsa da James Pallotta l’86,6% del capitale della squadra. L’opa, partita lo scorso 9 ottobre a 0,1165 euro ad azione, ha raccolto l’adesione solo dell’1,674% del capitale, nonostante una settimana di proroga del periodo di offerta. Troppo basso il prezzo proposto dai nuovi proprietari americani: un terzo circa del valore del titolo quando l’opa è stata annunciata lo scorso agosto e ancora largamente sotto, nonostante i forti ribassi recenti, anche agli 0,1484 euro segnati ieri in chiusura dalle azioni in Borsa. Un valore anni luce distante dai 5,5 euro a cui la Roma venne quotata sul mercato azionario. Per far uscire dal listino la società sarebbe stato invece necessario salire ad almeno il 95% del capitale in modo da poter liquidare poi le minoranze residue. Un obiettivo rimasto invece lontano. 
LA DELUSIONE
Gli azionisti, delusi dall’offerta messa sul piatto da Friedkin, non hanno dunque accolto l’appello dell’amministratore delegato della Roma, Guido Fienga, che nelle scorse settimane aveva invitato i soci ad aderire all’offerta per consentire «alla nuova proprietà di far progredire l’As Roma nel programma di potenziamento del club e, di conseguenza, di investire più risorse nella società stessa e nel rafforzamento della squadra». 
Ora il nuovo proprietario americano potrebbe imporre una fusione dell’As Roma con un’altra sua società non quotata per arrivare poi alla cancellazione del club dal listino, ma si troverebbe, con ogni probabilità, a dover pagare un prezzo più alto di quello offerto con l’opa appena fallita. I soci di minoranza, infatti, potrebbero esercitare il diritto di recesso e in questo caso è previsto che le azioni vengano liquidate in base alla media aritmetica del valore di Borsa nei sei mesi precedenti alla convocazione dell’assemblea che dovrebbe dare il via all’operazione. Per capire quale strada deciderà di prendere Fredkin si tratterà di vedere quali saranno gli assetti societari in seguito all’iniezione di capitale da 210 milioni di euro già varata per rafforzare la società. Nel caso una parte dei soci di minoranza non dovesse aderire, il nuovo prorietario californiano potrebbe sottoscrivere la quota inoptata e salire sopra il 95%. E a quel punto imporre l’addio a Piazza Affari.