DESTINI DI LUIS E GARCIA
Eppure lui quella Roma l’aveva portata in semifinale di Champions. Ma aveva il solito compito di rimpinguare le casse: da questo, le cessioni sanguinose di Salah e Ruediger e poi il botto con l’addio di Alisson. Gli rimproverano di essere scappato nel pieno del marasma, di aver creduto troppo in Di Francesco quando, a detta di tanti, era indifendibile. Pallotta lo aveva definito il maggior responsabile della stagione fallimentare. Un mostro insomma. Poi, torna a Siviglia, sceglie l’allenatore (Lopetegui), compra una decina di giocatori e vince l’Europa League. Possibile sia solo colpa di Roma, dell’ambiente? Forse no, è vero che magari qui c’è meno pazienza, il tutto figlio della frustrazione per le mancate vittorie. Qui ha lasciato poco, ma almeno Zaniolo è tanta roba. Questo è un discorso che vale anche per Luis Enrique, è vero, arrivato qui da giovane e inesperto allenatore, e dopo si è rivelato un allenatore vincente. Vale anche per Garcia, cacciato a calci e oggi ha riportato il Lione a giocare una semifinale di Champions, eliminando Juve e ManCity. Troppe cose non tornano. A Roma si sbaglia di più, forse. Specie chi è a abituato a vivere meno pressioni. Il dato comune alle vittoria sono i grandi giocatori, spesso i ds, in quei momenti, passavano sotto traccia. Falcao, Conti, Pruzzo, Batistuta, Totti, Montella etc. Con questi giocatori, Roma sarebbe una comfort zone per tutti. Al di là dei discorsi filosofici sull’ambiente, spesso una scuse per perdenti.
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