La Roma piange Piedone Manfredini

La Roma piange Piedone Manfredini
di Mimmo Ferretti
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Martedì 22 Gennaio 2019, 09:30
«Ma quale Piedone: io porto 42, e pure scarso...». L’avrà ripetuto un milione di volte, Pedro Waldemar Manfredini, scomparso ieri a 83 anni, per spiegare che con quel nomignolo lui non c’entrava proprio niente. Ma per tutti Pedro è stato e resterà sempre e per sempre Piedone. Tutta colpa di un fotografo, Pietro Brunetti di Momento Sera, che lo fotografò a Fiumicino il giorno del suo arrivo nella Capitale, nell’estate del 1959. Brunetti si piazzò ai piedi della scaletta dell’aereo, mise in primo piano il piede di Pedro che, ovviamente, sembrò enorme. E da lì Piedone. «Se non altro, un soprannome che mi ha portato fortuna», amava ripetere Manfredini, quinto marcatore della storia della Roma con 104 gol in 164 partite. La Roma lo prelevò dal Racing di Avellaneda, anche se lui era nato da Maipù, un piccolo paese dalle parti di Mendoza. Argentino ma con i nonni paterni di Cremona e quelli materni di Bisceglie: questo gli consentì di assumere lo status di oriundo e, quindi, di non incappare nei limiti federali previsti per i calciatori stranieri. Per acquistarlo, l’allora presidente D’Arcangeli sborsò 78 milioni di lire facendogli firmare un contratto triennale in cambio di 6 milioni a stagione. 

CHE FORZA
Veloce, tecnico e con uno straordinario senso del gol, Piedone ci mise un attimo a diventare idolo dei tifosi giallorossi. Con 19 reti vince il titolo di cannoniere del campionato 1962-63 (e Vittorio Gassman nel film “I mostri” di Dino Risi lo cita nell’episodio Che Vitaccia: “Vai Piedone vai”) e l’anno successivo porta nella Capitale la prima Coppa Italia della storia giallorossa. Prima di tutto questo, però, il successo nella Coppa delle Fiere (l’ex Coppa Uefa) nel 1961, onorata con 12 reti, due nella finale d’andata a Birmingham. 

FUORI DAL CAMPO
Dopo sei anni alla Roma, Manfredini chiude la carriera con una stagione a Brescia e due a Venezia, e con una media/gol a partita in campionato superiore addirittura a quella di Gabriel Batistuta: 0,571 contro 0,561. Appesi gli scarpini al chiodo rientra nella Capitale, sistemandosi alla Balduina, e da qui non si è più mosso. Si butta nel commercio (“Bar Piedone“ a piazzale Clodio) prima di spostarsi verso il mare, prima a Spinaceto e poi a Ostia. Il suo nuovo bar a due passi dal mare diventa così un punto di riferimento costante per i tifosi della Roma, con Pedro impegnato quasi a ritmo quotidiano a raccontare le sue leggendarie imprese a piccoli e grandi. Come quella volta che, in occasione di un derby di Coppa Italia, segnò 6 reti alla Lazio. Era il 25 aprile del 1962, 0-0 alla fine dei supplementari, e così la parola passa al dischetto: Piedone, scansando addirittura Antonio Valentin Angelillo, tira tutti e sei i rigori della Roma (in quel periodo si poteva fare), supera, spiazzandolo, sei volte il portiere laziale Pezzullo e regala la qualificazione ai quarti di finale alla propria squadra. Un’impresa irripetibile, se ci pensate bene. Negli ultimi anni, quando il peso dell’età comincia a farsi sentire in maniera ossessiva, complici undici interventi alla gamba sinistra, che hanno via via devastato la sua vita, Pedro smette prima di gestire il bar e poi anche di lavorare. Non di tifare la Roma, però. Fino all’ultimo giorno della sua vita, anche da un letto di ospedale inchiodato dai suoi problemi. I funerali si svolgeranno domani alle ore 11 presso la chiesa di Regina Pacis a Ostia.
 
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