La sua corsa è già un tuffo nel passato per riaccendere il futuro. Senza Immobile e Milinkovic, luci su Felipe Anderson, falso nueve ma soprattutto promesso scacco matto. Come l’anno scorso, i laziali sognano quel ghigno sul gong: «Gli abbiamo fatto male col ritmo». Il Pipe de oro fu la chiave della vittoria della Lazio, mandò Ibanez e Vina al manicomio: un gol e l’assist del vantaggio. Come l’11 gennaio 2015, quando servì Mauri e poi timbrò con un allungo il raddoppio. Tre passaggi decisivi in totale (c’è anche la Coppa Italia) nel derby, Felipe Anderson vive già all’ombra di un Dio capitolino. Per la prima volta però il brasiliano giocherà la stracittadina in un ruolo nuovo, che ancora non gli calza del tutto a pennello. Chissà se oggi riuscirà a fare lo stesso sfracello. A Rotterdam si è divorato due gol, ma è uscito comunque da migliore in campo. Il motivo? Tutte le occasioni passano dal suo estro e da un sacrificio assoluto. A Felipe mancherà ancora il cinismo, ma dà tutto. Non è vero che non è cambiato. Non avrà il fiuto del gol di Ciro, ma ora è più consapevole del suo talento. È più costante, ha una nuova sapienza tattica e un altro fuoco nello sguardo.
Promessa
Una volta gli si rimproverava la scarsa personalità.
Ammazza big
Il suo compito oggi sarà disorientare la difesa di Mourinho insieme a Zaccagni e l’ex Pedro. Bisognerà rivedere insomma il Felipe “Mertens” di Bergamo, segreto dell’ultimo abbaglio di Sarrismo. Sponde e movimenti in profondità, al di là dell’incisività in zona gol. La fiducia incondizionata dell’allenatore dovrà fargli passare l’affanno: 51 partite su 51 giocate (addirittura 66 su 66, comprese le Coppe) dallo sbarco di Sarri, 1392’ in campo, solo Marusic è stato spremuto allo stesso modo. E pensare che, prima dell’ultimo anno e mezzo, il brasiliano aveva totalizzato appena 15 presenze al Porto. È resuscitato, Felipe Anderson è di nuovo un jolly assoluto: esterno, attaccante, ma anche difensore aggiunto. Corre avanti e indietro, ad aiutare la Lazio in ogni raddoppio come un soldatino. Per dribbling riusciti in A è quasi il top, ma ora è un 29enne maturo, anche quando non dà nell’occhio per i giochi di prestigio. Ha comunque segnato 3 reti, sfornato 4 assist. E ogni volta che ha lasciato il segno nel tabellino, la Lazio ha centrato il risultato. Ammazza big Inter e Atalanta, ora c’è di nuovo la Roma nel mirino. Tutti sulle ali di Felipe Andeson, farfalla fuori e aquila dentro, per un volo sotto la Nord al novantesimo.