Guidolin: «Vedo la Roma in fila per lo scudetto. Ho un debole per Pellegrini»

Guidolin: «Vedo la Roma in fila per lo scudetto. Ho un debole per Pellegrini»
di Stefano Carina
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Lunedì 16 Novembre 2020, 07:30

Guidolin, è un campionato senza padroni?
«È un torneo aperto anche se è ancora presto per avere un’idea precisa. Rispetto agli anni scorsi, ci sono molte squadre che non hanno cambiato allenatore e portano avanti il loro progetto tecnico. L’unica che ha preso una decisione diversa è stata la Juventus che nonostante queste difficoltà iniziali rimane la favorita. E poi c’è il Sassuolo, che è una sorpresa sino ad un certo punto. È una provinciale tra virgolette, visto le potenzialità economiche che dispone e può giovarsi di un allenatore bravo. De Zerbi è la dimostrazione che se si dà credito ad un progetto di qualità, i risultati prima o poi arrivano.
Il calcio è cambiato con l’avvento del Covid-19?
«Si vedono partite belle e divertenti ma l’assenza di pubblico non è piacevole. L’atmosfera ne risente».
Perché ultimamente si segna così tanto?
«Ritengo che possa dipendere dalle gare ravvicinate, tra club e nazionali non c’è più tempo per allenarsi. E poi non va sottovalutato il fattore “stadi vuoti” che incide nella concentrazione, nell’adrenalina che ti fa stare sveglio durante la gara. Giocando nel silenzio, a volte può subentrare l’effetto inconscio di star disputando una partita amichevole. E questo penalizza maggiormente il difensore rispetto all’attaccante».
Ibrahimovic, Dzeko, Ronaldo, Pedro, Gomez, Mertens, Mkhitaryan: è una serie A che ha il volto degli over 30. Un bene o un male?
«Negli anni 90 il nostro torneo era il più competitivo al mondo e tutti volevano venire da noi. Poi le cose sono cambiate e gli equilibri economici hanno privilegiato l’Inghilterra, la Spagna e la Germania. Così i calciatori più forti e più giovani sono andati altrove. Ora ritornano questi giocatori che hanno speso magari gran parte della loro carriera in altri paesi ma che rimangono comunque campioni di grandissimo livello. Saranno anche maturi ma non certo vecchi. E così fanno ancora la differenza».
Perché ora in Italia si opta spesso per giocare con la difesa a tre?
«Ho fatto 650 panchine tra A, B, Ligue 1 e Premier, e preferivo giocare a quattro anche se a volte ho virato a tre. In passato il sistema con tre difensori centrali era concepito essenzialmente come uno schema difensivo. Oggi non è più così. Anzi a volte ti permette di essere anche maggiormente offensivo, liberando gli esterni. Ormai nel calcio moderno più che il modulo conta la mentalità dell’allenatore che lo adotta. Lo schema serve per coprire meglio alcune zone di campo o adattarsi alle caratteristiche dell’avversario ma poi è il credo del tecnico che fa la differenza. Non bisogna più fossilizzarsi sui numeri: se la mentalità dell’allenatore è offensiva, la difesa a tre può portare molti vantaggi. Basta guardare in Italia con Gasperini. Ma non c’è solo lui: la Lazio, l’Inter, senza dimenticare la Roma che a me piace molto. Se mantiene alta la concentrazione è una squadra che può vincere con chiunque».
A tal punto da inserirsi nella lotta al titolo?
«Secondo me sì, lo ripeto è un campionato aperto e quindi tra le squadre che citavamo prima c’è anche la Roma. La Juve rimane la favorita ma non è più una dominatrice. Le distanze si sono ridotte».
Si attendeva queste difficoltà iniziali di Pirlo e Conte?
«Nel calcio ci vuole tempo. Pirlo è stato un grandissimo campione ma l’allenatore è un altro lavoro. Bisogna avere pazienza. Inter in difficoltà? Non la vedo così in sofferenza. Forse ha fatto qualche pareggio di troppo ma sta crescendo».
Cosa ne pensa di Fonseca?
«Di lui mi piace l’elasticità. Ora ha trovato questo 3-4-2-1 che è un modulo equilibrato per i giocatori che dispone. I due trequartisti sono bravissimi, Pedro e Mkhitaryan non li scopro certamente io. L’armeno prima o poi doveva sfondare anche da noi. Ha caratteristiche simili a Calhanoglu, è un centrocampista avanzato, mezza punta, un numero 10 che sa e può fare tutto. E poi c’è Dzeko. Ragazzi, Dzeko è Dzeko... Io poi ho un debole per Pellegrini. Può diventare fortissimo. L’impressione che ho, è che deve crederci di più. Lo vedo bene ovunque, anche se ritengo abbia bisogno un po’ più di campo per esprimersi al meglio. Il ruolo perfetto sarebbe quello di mezzala in una mediana a tre ma ha la qualità per giocare dove vuole. Anche da mezza punta».
In Italia è primo il Milan. In Spagna la Real Sociedad, in Inghilterra il Leicester. Cosa sta accadendo?
«Casuale.

In Premier ci sono 6 squadre in 6 punti. I tornei sono appena iniziati, è un periodo di assestamento. Poi emergeranno i valori e faranno la differenza le rose più lunghe».

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