De Rossi: «Volevo fare l'allenatore, ma la pandemia mi ha fermato»

De Rossi: «Volevo studiare da allenatore, ma la pandemia mi ha fermato»
di Gianluca Lengua
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Venerdì 23 Ottobre 2020, 23:08 - Ultimo aggiornamento: 23:17

«Non sono un negazionista. Non ho competenze, non ho studiato e mi fido di chi ha a cuore la salute di tutti noi». Daniele De Rossi ospite al programma “Propaganda Live” in onda su La 7 si schiera contro chi diffonde idee poco vicine alla realtà sul Covid-19: «Molti virologi hanno detto cose un po’ contrarie e questo ha destabilizzato tutti noi», ha spiegato l’ex centrocampista. A cadere nella trappola anche il ct della Nazionale Roberto Mancini che con una vignetta pubblicata su Instagram ha scatenato migliaia di polemiche: «Lo conosco personalmente, so che è una persona da seguire per i suoi concetti, eleganza e stile. È scivolato su una buccia di banana, si è scusato. Il polverone mediatico, però, mi è sembrato eccessivo». Per convincere i giovani a utilizzare la mascherina il presidente del Consiglio Giuseppe Conte ha chiesto a due influencer con Fedez e Chiara Ferragni di divulgare il messaggio: «Per far arrivare un messaggio devi usare il veicolo giusto. Per arrivare ai quindicenni devi far parlare loro, che mi sembrano tutt’altro che scemi e piacciono ai giovani».

Daniele è tornato a parlare anche di calcio in attesa di intraprendere la sua carriera da allenatore: «Sono un ex calciatore, padre a tempo pieno non troppo annoiato. Mi trovo bene, spero non duri in eterno questa situazione. Voglio fare l’allenatore, ma c’è un tempo tecnico e non pensavo ci fosse di mezzo una pandemia quando ho intrapreso questa strada. Volevo vedere gli altri tecnici e invece non ho potuto, sono tornato dall’Argentina e c’è stato il lockdown». E tra una battuta e l’altra: «Quanti scudetti ha la Juve? Io seguo le regole come il presidente Agnelli, quindi due di meno», De Rossi ha commentato il campionato di calcio scorso e quello presente: «Sono campionati regolari, complicati. Non saranno ricordati come i più belli della storia del calcio. Forse quello dell’anno scorso è stato un po’ falsato, vedi i percorsi di Lazio e Milan. Cambia giocare una partita a marzo o ad agosto. Il torneo di quest’anno è diverso da solito, ma si parte tutti insieme». In chiusura un commento sui calciatori che in Italia preferiscono non schierarsi politicamente: «In America il discorso nasce anche dal razzismo che lì è presente e pesante. Tante star anche di colore americane prendono a cuore il discorso politico per il background di sofferenza. In Italia è diverso, sono pochi i calciatori che si espongono. A volte c’è anche una strumentalizzazione eccessiva, io sono stato accostato per tutta la mia carriera all’estrema destra, poi ho fatto l’in bocca al lupo alla Raggi e mi hanno detto che saltavo sul carro dei vincitori, ho fatto un’intervista con Veltroni e mi hanno detto che ero il comunista con il Rolex.

C’è troppa strumentalizzazione». 

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