Roma-Bologna, nell'Olimpico esaurito riparte la corsa di Mourinho verso il quarto posto. C'è Dybala (ma il futuro è incerto)

Special One squalificato e in tribuna: in panchina ci sarà l'amuleto Foti

Roma-Bologna, nell'Olimpico esaurito riparte la corsa di Mourinho verso il quarto posto. C'è Dybala (ma il futuro è incerto)
di Stefano Carina
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Mercoledì 4 Gennaio 2023, 06:40 - Ultimo aggiornamento: 5 Gennaio, 08:34

Si riparte. Come se ci trovassimo nell'Argentina di qualche anno fa dove al torneo di Apertura si sommava quello di Clausura. Di clausura da queste parti c'è soltanto lo smarrimento per 50 giorni e oltre senza la Roma, Dybala e Mourinho. Il mondiale ha il suo appeal, è chiaro, ma per il tifoso quello che conta è il campionato. Figuriamoci poi, in una kermesse priva dell'Italia. L'attesa è quindi alta, altissima. Nel pomeriggio contro il Bologna lo stadio Olimpico presenterà il solito colpo d'occhio pronto a commuoversi, tra il minuto di silenzio dedicato a Pelé e il ricordo di Mihajlovic. Si affrontano la prima squadra di Sinisa da calciatore in Italia e l'ultima da tecnico. Ma Roma-Bologna nasconde tante altre storie. Da Arnautovic e Thiago Motta che ritrovano José a Dybala che torna a guidare i Fab4. Da Abraham che prenota un gol da dedicare al futuro nascituro a Pellegrini e Zaniolo che vogliono iniziare con il piede giusto il 2023 e, nel caso di Nicolò, trovare se non nella calza della Befana almeno nell'uovo di Pasqua anche il prolungamento del contratto. Ma Roma-Bologna servirà, se ancora è necessario, per confermare l'afflato, il rapporto straordinario che si è creato tra Mourinho e il pubblico romanista. José non siederà in panchina, perché squalificato e al suo posto a dirigere la squadra ci sarà il vice Foti, una sorta di amuleto visto che con lui la Roma non ha mai perso.

 

STRANO AVVICINAMENTO

Ma prima o poi, c'è da scommettere, che lo Special sarà inquadrato in tribuna, pronto a rispondere alla solita ovazione. Che rischia, dopo le feste, di portarsi dietro oltre al solito affetto anche un pizzico di timore misto a inquietudine. Non tanto per le lusinghe del Portogallo, che eventualmente sarebbero la conseguenza e non la causa di un addio anticipato dello Special, quanto per la percezione, sempre più forte, che il matrimonio tra José e la Roma viva la classica pausa di riflessione. Ormai anche i più miopi si sono accorti che a fronte delle foto che li ritraggono insieme sorridenti, il gm Pinto e Mourinho viaggiano su binari paralleli. E quello che più stona, abbiano iniziato da tempo a lanciarsi messaggi trasversali attraverso i media. A dir la verità José non perde occasione di lasciar trapelare il proprio umore anche pubblicamente ma la distanza che si sta creando con il connazionale è quantomai pericolosa. Non per i soggetti in questione ma per la Roma. Perché nella rincorsa che deve avere come obiettivo finale la qualificazione alla prossima Champions, non fa bene che gm e allenatore si dividano praticamente su tutto.

Sul mercato, definito «mercatino» da José e incensato dal dirigente in un'intervista alla Gazzetta dello Sport.

 

Ma non solo. Sull'obiettivo stagionale che tutti conoscono (4° posto) ma che esternarlo asserendo «come non manchi nulla per ottenerlo», lo fa somigliare ad un modo elegante e scaltro per prendere le distanze qualora il traguardo non venisse raggiunto. E soprattutto lasciar intendere che la crescita della Roma a breve termine è legata alla Champions mette sia Mou con le spalle al muro sia disattende probabilmente i piani pre-Terrazza Caffarelli. José che in serata ha poi postato una sua gigantografia con la Conference) all'epoca fu chiaro: dopo 3 anni, si vedeva «festeggiando», allundendo allo scudetto. Il che presumeva la crescita tecnica di una squadra che per bocca del suo unico dirigente parlante è perlomeno priva di un difensore centrale e che a fronte dei paletti del fair play finanziario, deve ritenere l'acquisto di Frattesi un' utopia. E poco importa che ieri qualche spiffero da Trigoria raccontasse di un allenatore a dir poco contrariato dopo aver letto l'intervista del connazionale. Tra l'altro non si ha nemmeno la certezza che i Friedkin ne conoscessero il contenuto, informati - questo sì - che avrebbe parlato. Questa, eventualmente, rimane una questione privata tra i diretti interessati. A meno che non ci siano delle ripercussioni negative sulla Roma. In quel caso il discorso si fa differente. Meglio allora pensare al Bologna, al ritorno di Dybala (che ha affidato all'Archivio Storico del club la medaglia di campione del mondo), all'Olimpico vestito a festa e ai tre punti. Come amava dire il compianto Henry Sanders, coach di football americano negli anni 50' nei college della California e della Vanderbilt University «vincere non è tutto, è l'unica cosa che conta». Figuriamoci per uno come Mou.

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