Roma, per Fonseca è finita l'immunità

Paulo Fonseca
di Stefano Carina
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Mercoledì 1 Luglio 2020, 07:30
La sua panchina non è in discussione. La sua Roma sì. L’addio quasi certo alla Champions in campionato, accende i riflettori anche su Fonseca. Che tra discussioni legate al possibile cambio societario, i conti in rosso del club, gli inevitabili alibi che il tecnico potrebbe sciorinare (infortuni, rosa costruita male, più di mezza squadra con la valigia in mano), è rimasto per ora abbastanza al coperto dalle critiche. Il ko di Milano, con il quarto posto ormai divenuto una chimera, ha riportato di colpo alla luce quelle perplessità che i due successi con Lecce e Cagliari pre-Covid19, avevano cancellato. Del resto Paulo, con la correttezza che lo contraddistingue, ha sempre detto che «un allenatore si giudica dai risultati». E questi, purtroppo per lui e per la Roma, latitano. Eliminato in Coppa Italia e quinto posto in campionato a distanze siderali (-9 che diventano -10 in virtù degli scontri diretti a sfavore) dal quarto (mai accaduto nell’era Usa un distacco così grande a 10 giornate dal termine: al massimo i punti erano stati 4, nella passata stagione e con Luis Enrique); 48 punti in classifica che lo vedono in ritardo sia con il primo anno di Garcia (-16), il primo di Spalletti subentrato in corsa (-8) e la stagione d’esordio di Di Francesco (-8); media di 1,71 che nelle ultime 8 gare è scesa a 1,25, senza contare che nel 2020 con 6 sconfitte in 11 gare, peggio della Roma hanno fatto soltanto il Brescia (ultimo), la Spal (penultima), il Lecce (terzultimo) e il Torino.
SQUADRA SPENTA
Quello che inoltre ha sorpreso in queste prime due gare post-pandemia, più che qualche scelta opinabile (i 90 minuti di Zappacosta dopo un anno di inattività al netto della mezz’ora di tre giorni prima; Ibanez titolare con la Samp, reduce da 1 minuto in campionato e 19 in Champions con l’Atalanta nella passata stagione; Kolarov 90 minuti in panchina pur avendo a disposizione 5 sostituzioni; Dzeko tolto sullo 0-0 per inserire Kalinic che in 36 minuti, tra Samp e Milan, non ha mai tirato in porta) sono state le motivazioni mostrate dal gruppo. Domenica a San Siro la squadra che sembrava si giocasse il posto in Champions era quella di Pioli, non la sua. E tre giorni prima non fosse stato per due perle balistiche di Dzeko, chissà come sarebbe andata a finire con la Samp che ha tirato contro Mirante la bellezza di 13 volte, centrando per 10 lo specchio della porta. Quella di Milano, poi, è stata la terza gara stagionale dove il portiere avversario non ha fatto una parata: era accaduto già con l’Inter e con la Sampdoria a Marassi, due della 6 gare nelle quali la Roma è rimasta a secco (le altre: Atalanta, Parma, Torino e Milan). Ora, nel difendere il quinto posto, Fonseca deve evitare il rischio del crollo verticale una volta che l’obiettivo Champions, almeno in campionato (rimane l’Europa League), è pressoché venuto meno. 
BOOMERANG MEDIATICI
Anche le parole di Pallotta che volevano essere un complimento - «Vedo molti allenatori che si lamentano con i media e con i tifosi perché il club non ha acquistato loro un determinato giocatore (...) quando non vincono. Non ho mai sentito Paulo farlo» - rischiano a lungo termine di diventare un boomerang. In primis perché se le cose non miglioreranno, prima o poi gli verrà rimproverato un atteggiamento troppo morbido nei confronti della società. E poi perché gli innamoramenti di Pallotta, quando i risultati mancano, si trasformano sempre in giravolte mediatiche senza eguali. Per informazioni chiedere a Sabatini, Zeman, Garcia, Spalletti, Di Francesco e Monchi.
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