Mancini: «Senza Vialli sentiremo un vuoto. A Zaniolo ho detto di andare in Turchia. Il nostro attacco è un problema»

Il c.t. della Nazionale: «Le punte sono infortunate o non giocano»

Mancini: «Senza Vialli sentiremo un vuoto. A Zaniolo ho detto di andare in Turchia. Il nostro attacco è un problema»
di Alessandro Angeloni
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Mercoledì 8 Marzo 2023, 08:08 - Ultimo aggiornamento: 9 Marzo, 10:06

Riecco l'Italia, dopo il Mondiale visto alla tv. C'è l'Inghilterra, si gioca al Maradona di Napoli, il 23 marzo, in ballo la qualificazione a Euro 2024 in Germania: è anche la "prima" dopo la scomparsa di Gianluca Vialli. Napoli ha significato tanto per Mancio e per Gianluca, sempre con l'azzurro addosso.

Mancini, che Inghilterra si aspetta?
«È tra le più forti in giro.

Al Mondiale è stata eliminata dalla Francia anche immeritatamente. È importante cominciare bene, ci vuole uno stadio pieno di amore per l'Italia. Come ogni domenica in cui gioca il Napoli».

L'Italia dovrà fare a meno anche di Immobile. In attacco c'è qualche problema?
«Qualche?! I problemi sono seri. Immobile è ko, Raspadori in forse. Ci sono grossi interrogativi. I nostri attaccanti centrali, quasi tutti, hanno giocato pochissimo negli ultimi mesi. Non ne abbiamo uno che sia un titolare, fatta eccezione per Gnonto, impiegato un po' di più nel Leeds e può agire da punta centrale. Ma per il resto, siamo messi male: pure Scamacca è reduce da un infortunio, Belotti gioca poco. In difesa e a centrocampo le soluzioni ci sono. E lì in attacco che abbiamo problemi ma non perché non ci siano talenti. Ma devono giocare. E non giocano».

Ed ecco che è spuntato il nome di Andrea Compagno, che sta in Romania.
«Lo seguo da due anni, peraltro gioca sempre e fa pure gol».

Si aggrappa al recupero di Raspadori?
«Spero che riesca a fare in tempo. Raspa ha doti uniche».

Kean resta uno degli osservati speciali, nonostante l'ultima follia contro la Roma e le due giornate di squalifica?
«Gioca in un ruolo dove siamo carenti. È giovane, la speranza è che migliori».

Zaniolo ha fatto la scelta giusta?
«Gli ho detto anche io, quando ha chiesto il mio parere, di andare al Galatasaray, spero che giochi perché per noi è importante. Andare in Turchia era l'unica possibilità».

 

Insigne e Bernardeschi hanno speranza di poter tornare a essere convocati, vista anche l'emergenza?
«Perché no? Lorenzo ancora è uno di quelli che può tornarci utile. Vedremo».

Pellegrini farò il salto definitivo anche in Nazionale?
«Con noi ha sempre fatto bene, sia come esterno d'attacco sia interno in mediana. Poi nel corso della stagione patisce degli infortuni che condizionano il suo rendimento».

Donnarumma resta il titolare nonostante le sue difficoltà?
«Gigio è il nostro numero uno, la gerarchia è questa. Meret lo abbiamo sempre chiamato e apprezzato ma il titolare è Donnarumma».

Resta valido l'invito di andare all'estero pur di giocare?
«I nostri giovani hanno qualità per stare anche in serie A. Serve chi gli dia fiducia».

Avete dimenticato il Qatar?
«Sì, basta pensarci. È stata una delusione. Ma dobbiamo mettere tutto alle spalle, delusioni e le cose belle».

E veniamo a Napoli. Nel 1982 che cosa accadde?
«L'emozione dello stadio gigantesco, avevo 16 anni e mezzo ed ero titolare nel Bologna. Ricordo pure il primo gol al San Paolo: era il 1984, il Napoli si salvò a fatica ma poco dopo arrivò Diego Maradona. Una volta Mantovani, forse scherzando, mi disse che Ferlaino lo aveva chiamato per portarmi a Napoli. E lui rispose: "Certo, a patto che facciamo uno scambio con Diego"».

Che pensava di Maradona?
«Un dono del dio del calcio».

Un ricordo della Nazionale a Napoli: Italia-Svezia 2-1, 14 novembre del 1987.
«Match decisivo per andare in Germania Ovest, Euro 88. Ero in panchina, e la gara la decise il mio amico Vialli con una doppietta».

Sarà la prima volta dell'Italia senza Gianluca.
«Saranno giorni difficili, il vuoto grande che sento ogni giorno lo sentiremo più forte. Tutto quello che ci ha lasciato deve esserci utile per il nostro presente e il nostro futuro».

Che differenza nota tra i calciatori ventenni di oggi e il Mancini di quell'età?
«C'era più passione. Il mondo è cambiato e il calcio era più bello: c'erano le bandiere, si restava per anni nella stessa squadra, non c'erano gli stadi vuoti. Oggi tutto si è raffreddato».

Napoli cosa è per lei?
«Mia mamma è di Roccadaspide, vicino a Salerno, la sento un po' la mia terra quella regione. È un ambiente speciale, specie ora che lo vivo da ct della Nazionale».

Il supergol con la Sampdoria nel 1990 al San Paolo è uno dei più belli della sua carriera?
«Tra i più speciali».

Lei ha vinto scudetti con Lazio e Sampdoria. Due eccezioni visto il trend in Italia.
«La storia dice questo. È sempre tutto in salita vincere al Sud. Sarebbe bello se questo avvenisse più spesso».

Invidia i ct che si affidavano ai "blocchi"?
«Avevano la vita più semplice».

Quali squadre la divertono di più?
«Napoli e Atalanta, City e Real e, nonostante i problemi, il Psg».

Oliver Glasner, il tecnico dell'Eintracht, ha detto che il Napoli non gioca all'italiana.
«Una roba vecchia di cento anni. Sono frasi fatte: non siamo così da tempo. Basti guardare come l'Italia gioca da qualche anno. Abbiamo un dna ben preciso».

C'è già nella sua mente l'erede di Bonucci?
«Intanto viene con noi. Ed è pure riposato. Prima di pensare al suo successore c'è ancora un po' di tempo».

Che Italia promette da qui in avanti?
«Vogliamo giocare bene, non possiamo complicarci la vita...».

Perché i calciatori vogliono tutti andare in Premier?
«Perché è bello, interessante, duro. La mia speranza è che l'Italia diventi come la Premier, come lo era tanti anni fa. E il primo passo sono gli stadi».

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