L'Italia tra scherzi e riti, Coverciano Forte Village ha portato alla vittoria. Il tuffo di De Rossi

L'Italia tra scherzi e riti, Coverciano Forte Village ha portato alla vittoria. Il tuffo di De Rossi
di Alessandro Angeloni
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Martedì 13 Luglio 2021, 07:30 - Ultimo aggiornamento: 14 Luglio, 09:54

Così, all’improvviso. Come il tottiano “mo je faccio er cucchiaio”, che tutti ha sorpreso in lungo pomeriggio di Amsterdam nel 2000. Daniele De Rossi, che dell’Italia è ora un giovane (grande) tecnico ma è rimasto un uomo spogliatoio, dopo la semifinale contro la Spagna ha proposto di fare il bowling. Ma come il bowling? Un lettino da spogliatoio, pieno di bottigliette di plastica, qualcuna vuota, altre piene. Daniele prende la mira, parte, si tuffa e fa strike: tipo palla da bowling, le bottiglie cadono. Risate, il gesto è divertente, anche perché improvviso. Spontaneo. Ma certe situazioni, in uno spogliatoio che funziona, vivono di repliche. Si devono ripetere, stavolta a richiesta. De Rossi sì, se l’Italia vince in finale, lo rifà. 
Stavolta sul lettino non ci sono solo le bottiglie di plastica, ma pure quelle di vetro, c’è un caos tremendo. C’è acqua e si scivola. Pulire, please, altrimenti De Rossi non parte, ci sono i vetri, ci si fa male. Lettino pulito dai giocatori interessati all’evento e via, la scena si replica, con l’ex giallorosso che vola, atterra sulla panca e finisce per terra. Un bel volo, ancora risate di tutti, amici, ex compagni di squadra, nemici di derby. Ma che importa, lo spogliatoio ha un colore solo: azzurro. I ritiri son fatti anche di momenti ludici, scaramantici, di riti (Manuel Locatelli ed Alessandro Bastoni, in qualità di “nuovi” con la Nazionale maggiore, a inizio avventura sono saliti su una sedia per cantare davanti a tutti: il primo ha intonato “Azzurro” di Celentano, il secondo “50 special” dei Lunapop.). De Rossi è uno che traina, così come lo è Vialli, che insieme ai suoi amici della Samp, è stato davvero l’elemento collante. E’ quello che si occupava di omaggiare i giovani appena entrati in nazionale, consegnando loro la maglia con il numero della convocazione, davanti a tutti, e spiegando loro il significato di vestire la maglia dell’Italia. Ora lo avranno capito meglio. Vialli è quello che scendeva per ultimo dal pullman e per ultimo saliva. Iniziativa nata per un ritardo vero di Gianluca e poi è diventata rito scaramantico. Come lo era diventata la partita di padel v prima di ogni “trasferta”, tra la coppia De Rossi-Mancini contro due dello staff azzurro a rotazione. Rito è stato per qualche giorno l’esultanza suggerita da Lino Banfi, con quel “porca puttena” dopo i gol. 
FRATELLI
Immancabili le famose grigliate al ritorno dalle partite in giro per Europa. Coverciano profumava di carne e/o di pizza, che piace a tutti e in questi ambienti non manca mai. A che serve tutto questo? A molto, a tutto, forse. Determinante. «Una grigliata o una pizza e vengono fuori le individualità, nascono amicizie, gli scherzi e i “tormentoni”. Ma una delle cose più belle di questo gruppo è che davvero rispecchia quelle splendide parole che urliamo dal nostro cuore prima di ogni partita: “Fratelli d’Italia”», concetto spiegato bene da Matteo Pessina, che in questo mese ha tenuto una specie di diario di bordo. Che i suoi compagni hanno apprezzato, perché spesso proprio loro venivano raccontati sui social. La narrazione dei canti napoletani, poi. Che hanno accompagnato il gruppo per tutto il periodo. Parole cantate anche da chi di Napoli non è, e questo rendeva tutto più divertente. La musica da urlare la decideva, ovviamente, Insigne, con il compare Immobile, demolito dai suoi scherzi e da quel tubo rumoroso che Frank Matano usava in “LOL, chi ride è fuori”. Pessina scrive, è il poeta intellettuale del gruppo. Usa i social con discrezione, e ora Bastoni lo vuole come media manager. E magari anche il suo amico Locatelli lo richiederà. 
Loro sono tra i più giovani ma hanno fatto da traino come gli altri, perché là dentro non conta il peso della Juventus, ma pure quello del Sassuolo e dell’Atalanta.

Il gruppo si è unito ancor di più quando Spinazzola si è rotto. Quelle lacrime di dolore hanno sconvolto tutti. Spina era a Wembley, ha gioito, ballato, sempre con una gamba sola. Avrebbe tirato anche un rigore, la forza gliel’hanno data i suoi compagni, quando lo hanno salutato il giorno dopo l’incidente e gli hanno strappato la promessa di rivederlo per la finale. Detto, fatto. E qui la scaramanzia c’entra poco. E’ in preparazione un nuovo film sugli azzurri, che racconterà proprio questi attimi di amore e amicizia. Una quarantina di giorni di fatica e sorrisi. Con la gioia finale. Una conseguenza, forse.

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