Dall'apice ai fallimenti, Prandelli trova rifugio a casa Firenze

Dall'apice ai fallimenti, Prandelli trova rifugio a casa Firenze
di Alessandro Angeloni
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Martedì 10 Novembre 2020, 22:28

Chiudiamo gli occhi e ricordiamo: la sua Fiorentina, bella anche in Champions; sì, ricordiamo bene anche l’Italia, quella che arriva in finale all’Europeo 2012, quando Cassano ha voglia di giocare a pallone e Balotelli, forse, pensa ancora di essere un calciatore; ricordiamo un po’ meno bene, il Mondiale in Brasile. Dopo Natal, Italia-Uruguay, le dimissioni e l’inzio della discesa. Di Claudio (lo chiamavano così da calciatore) Cesare (da allenatore) Prandelli ricordiamo pure il suo Parma, che tra il 2002 e il 2004 è sull’orlo del precipizio economico, ma lui lo spedisce in coppa Uefa grazie a un calcio moderno, che traccerà una strada per molti. E la Roma? L’ha amata per poco tempo, ma qui il campo, i risultati, il lavoro, i suoi errori non c’entrano. Ricordiamo tanto di buono di Prandelli, anche come maestro di disciplina: inventore del codice etico in azzurro. Ma si può dire senza essere smentiti che Prandelli, oggi sessantatreenne, non è più lo stesso? Sì, si può. Dal Mondiale 2014, qualcosa è cambiato. Di esperienze positive: zero. Il post Brasile si chiama Galatasary, esperienza che dura un attimo, poi la fuga e due anni da “disoccupato”: il golf, Firenze, lunghe vacanze.

Poi, torna in sella e accetta il Valencia: 8 partite e di nuovo dimissioni a fine 2016. Troppe divergenze sul mercato, i risultati non sono granchè e arrivederci, con causa subita - per danno d’immagine - dal Valencia, tutto risolto con un accordo economico. E che si fa, quindi? Si va negli Emirati Arabi, all’Al Nasr. Meta esotica, ricca, occasione giusta. Niente. Anche lì il tutto dura meno di un anno. Esonero, stavolta, non dimissioni. Ma ecco il ritorno in Italia, c’è il Genoa di Preziosi. Arriva a dicembre del 2018 e non viene confermato a fine campionato, pure avendo ottenuto la salvezza. Oggi Prandelli torna nella sua Firenze, a casa. Dove il mito era nato. Forse qui, solo qui può tornare se stesso, ritrovare quella modernità. Firenze è la storia, è l’arte, i tifosi sono caldi e appassionati, non sopportano che la Viola vada male, ma a Cesare vogliono bene. E chissà se lui riuscirà a ricambiare con i risultati. Prandelli, però, non è quello del 2010 che era andato via da Firenze tra gli applausi e le lacrime. La vera sfida è questa. 

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