Odi planetarie al Marocco, stupor mundi. E visto che di record storici ne sta macinando, perché non librarsi in volo, e immaginare che oltre all'Africa sul tetto del mondo, per la prima volta nella storia un allenatore potrebbe vincere nello stesso anno una Champions League per club e un Mondiale per nazioni? Potrebbe in effetti capitare a Walid Regragui, già primo tecnico africano in una semifinale mondiale, e con la prima squadra africana di sempre: appena lo scorso maggio ha vinto la Champions League d'Africa col Wydad Casablanca, e in fondo è a sole due partite dalla vittoria del Mondiale 2022. Inseguita sempre allo stesso modo, tra l'altro: in tempi in cui ormai se non vai sempre all'attacco o non hai il 70% di possesso palla vieni considerato un Neanderthal del calcio, costui, Regragui, è invece un maestro di accortezze e di strategie difensive, un maestro dell'arrocco. Il suo Wydad aveva la migliore difesa della Champions africana (solo 2 gol incassati nelle 5 partite finali) e ora questo suo Marocco è ancora meglio. Per dare un'idea del miracolo che finora si è compiuto sotto gli occhi attoniti del mondo, basta un dato: nessuno, in cinque partite, è riuscito a segnare un gol ai Leoni dell'Atlante. Cinque nazionali non di terza fila (Croazia, Canada, Belgio, Spagna e Portogallo) e 79 giocatori impiegati non hanno prodotto lo straccio di una rete, nessuno che abbia spedito un pallone alle spalle del portentoso Yassine Bounou, portiere del Siviglia, arrivato a 31 anni a godersi la gloria del mondo. L'unico a esserci riuscito, non volendo, è stato il difensore Aguerd, la cui autorete contro il Canada è il solo gol incassato dalla squadra che ha sbalordito il Mondiale. E si sa che solo un'altra nazionale, nel 2006, arrivò in semifinale con lo stesso ruolino di marcia: l'Italia di Lippi, che nelle prime cinque partite incassò un solo gol, l'autorete di Zaccardo contro gli Usa. E poi finì come finì.
Con i Blues è come un derby
Cabala a parte, e con tutti gli auguri del caso al Marocco, il simbolo di questa magnifica cavalcata è Ragregui, alla vigilia il 22esimo ct (su 32) per entità dell'ingaggio, ma ora arrivato tra i primi 4, e la cui più grande impresa è aver ormai trasformato una semifinale mondiale in una specie di derby tra francesi, o come minimo tra francofoni.
Il no di Mazzarri
L'impronta del Fato si nota anche lo scorso agosto, quando il ct Halilodzic molla il Marocco dopo averlo portato al Mondiale, e i dirigenti della federazione puntano sul nostro Walter Mazzarri: il quale, per motivi mai chiariti, in extremis non si accorda e rinuncia. Spunta allora Regragui, che era già stato vice ct nel 2012, e prende la nazionale. Per portarla fino in semifinale, tra lo sconcerto del pianeta. Puntando sulla difesa, semplicemente, ma anche su giocatori combattivi sì, perché è la prima cosa, ma soprattutto eclettici, rapidi di pensiero e di gambe, tecnici, esperti di grande calcio, tutti in club europei, tutti titolari nelle rispettive squadre, gente calda dentro e fuori. Li ha strutturati sul modello dell'Atletico Madrid di Simeone, ammette Regragui: difesa aggressiva a 4-1-4-1, il fiorentino Amrabat il cuore di tutto e il vertice basso di un rombo, o per dirla alla francese una losanga, che difende benissimo sui primi portatori di palla. Ora, dopo aver eliminato Belgio, Spagna e Portogallo, sotto con la Francia campione del mondo. A occhio, i marocchini non tremeranno, mentre forse i francesi, che ora hanno tutto da perdere, qualche turbamento l'avranno. E non sarà male, tra gli altri, l'incrocio tra Hakimi e Mbappé, compagni al Psg. Tutto potrà accadere, nella semifinale più imprevedibile del mondo: si ricorda che la Francia, al contrario del Marocco, è piuttosto svampita in difesa, in ogni partita ha incassato un gol ed è arrivata a 5 reti subite. Regragui ha già avvertito: «Noi siamo come Pollicino». Quello della fiaba (ovviamente francese), che alla fine fregava l'orco mangiabambini. Un orco forse vestito di blu, anche se Perrault non lo specifica. Ma chissà.