Roma, Pizarro: «Mourinho un gran colpo. E io con Spalletti...»

Roma, Pizarro: «Mourinho un gran colpo. E io con Spalletti...»
di Alessandro Angeloni
4 Minuti di Lettura
Domenica 30 Maggio 2021, 07:30

David Marcelo Pizarro Cortés, detto il Pek. il nomignolo è un regalino di Luciano Spalletti. La coppia, chissà, potrebbe ricomporsi, a Napoli. «A Napoli, per ora, vado per mangiare la mozzarella di bufala...», dice.
Non l’ha chiamata per entrare nel suo staff?
«No».
Ma ci andrebbe?
«Certo. Sto facendo il corso di allenatore, quindi sarebbe un’esperienza formativa. Luciano, poco tempo fa, ha invitato tutti i partecipanti al corso a casa sua. Una tenuta bellissima, abbiamo mangiato bene, ma non mi ha chiesto nulla».
Si diverte a Coverciano?
«Otto ore al giorno di lezione, interessante, e stancante».
Ha molti compagni noti, da Vieri a De Rossi. 
«C’è anche Matri, che fa doppio corso: anche quello da ds. Bobo ci svolta le giornate, le alleggerisce con le sue battute. Divertente. Daniele è un predestinato, ha mille richieste, ma come me, non ha ancora il patentino. Ha un vantaggio: il papà, che fa l’allenatore e gli insegna tanto».
C’è anche Del Piero?
«Sì, lui è come De Rossi. Intelligente, preparato. Si farà».
E lei com’è?
«Io sono silenzioso, ascolto, prendo appunti. Seguivo il corso anche dal Cile, mi svegliavo alle 4 di notte. Durissima».
Ma la sua ambizione qual è?
«Una volta volevo fare la carriera nella federazione cilena, oggi penso di poter allenare una nazionale del mio paese, magari cominciando con una giovanile. Vorrei creare un mio staff. Poi magari un giorno, vincere il mio primo scudetto in Italia. Purtroppo l’ho solo sfiorato».
Il suo riferimento è Bielsa?
«Per il Cile grande riferimento, ci ha cambiato mentalità».
Ma il maestro, e torniamo a bomba, è Spalletti?
«Con lui ho passato quattro anni a Udine, tre a Roma. Il suo modo di preparare le partite resta unico. In campo succedeva quello che ci trasmetteva in settimana».
Di lui cosa non prenderebbe?
«Se trovo un mio giocatore nello stesso ristorante, il conto non glielo pago».
E’ un po’ tirchio, lei.
«No, macché. Da allenatore non vorrei essere equivocato».
Parliamo della “sua Roma: Mourinho.
«Un grande colpo. Ha vinto, ha carisma, ha portato entusiasmo. Alla grande». 
Ma lui basta per vincere?
«Come dice Allegri: servono pure i giocatori bravi. La Roma ha una buona base. Serve, e ce lo insegnano a Coverciano, qualità in ogni calciatore: tutti devono essere registi. Ma serve pure carattere, che è un po’ mancato quest’anno, calciatori che ti trascinino dal lunedì al lunedì, gente che faccia capire ai ragazzi che bisogna pensare al calcio, non ai tatuaggi e alle macchine. Oggi c’è molta distanza, c’è gente che non alza mai la testa, guardate come hanno “congedato” Gattuso, con un tweet. Noèn esiste. Si dovrebbe tornare un po’ al passato».
Un consiglio a Zaniolo?
«Io l’ho vissuto con Pepito Rossi, un fenomeno, bloccato dagli infortuni. Quello è il problema principale. Nicolò deve essere aiutato, fuori dal campo, dalla società. Deve evitare certi rumori extra calcio». 
Terrebbe Dzeko?
«Sì. Però serve un altro attaccante titolare, con cui, magari, giocare insieme».
Da allenatore, le avrebbe tolto la fascia.
«No. Sbagliato mettere le questioni personali davanti a quelle della squadra».
Villar. Pensa davvero che sia come Kakà?
«Ha grandi potenzialità, è un bravo ragazzo, non è un montato. Si è un po’ rilassato e l’andamento della Roma non lo ha aiutato. Ha bisogno di Mou».
Via Conte ma ecco Allegri, Spalletti e Mourinho. Il calcio italiano potrebbe tornare in alto?
«Deve tornare in alto.

Voi dovete leggere un po’ di più la vostra storia invece di copiare il calcio degli altri. Quattro mondiali magari li avesse vinti il Cile. Avete una storia importante, ricordatevela, tornate alle origini. E investite più sui vostri ragazzi. Ve lo dice uno straniero». 

© RIPRODUZIONE RISERVATA