Lazio, Pioli è solo, Lotito pensa al sostituto: sogno Montella, in lista Mazzarri e Donadoni

Lazio, Pioli è solo, Lotito pensa al sostituto: sogno Montella, in lista Mazzarri e Donadoni
di Emiliano Bernardini
3 Minuti di Lettura
Martedì 22 Settembre 2015, 06:09 - Ultimo aggiornamento: 17:10
Si sente solo. Lo hanno lasciato solo. Bastava guardarlo in faccia quando si è presentato nella sala stampa dello stadio San Paolo dopo la pizza napoletana rimediata dal collega Sarri. Lo sguardo perso nel vuoto alla ricerca di un appiglio. Ma niente. Continua a scivolare inesorabilmente, Stefano Pioli. E in questa caduta libera dei suoi uomini non c'è nemmeno l'ombra. Il tecnico abbandonato al suo destino da giocatori e società che in parte lo usano come capro espiatorio per coprire gli errori, anzi, meglio dire orrori fatti in estate. Da Napoli a Napoli, quattro mesi per cancellare la Lazio. Dal volo allo schianto. Un parabola alla quale Pioli sta assistendo impotente ma non senza colpe.

PECCATO ORIGINALE
Quello che sta accadendo alla Lazio non è certo un fulmine a ciel sereno. I problemi hanno radici molto profonde, visibili già lo scorso anno ma attutite dalla sbornia del terzo posto. Il gruppo inizialmente unito, pian piano ha mostrato delle piccole crepe che oggi sono spaccature insanabili. La società ha fatto finta di nulla vestendo i panni del padre padrone e così Biglia è rimasto, seppur con le valigie pronte sulla porta, Lulic dopo il mancato rinnovo di contratto ha avuto una strana involuzione e molti altri hanno il broncio lungo fino ai piedi. L'attaccamento alla maglia è un sentimento sconosciuto. È apparso evidente quando nel disastro di Napoli nessuno ha avuto la minima reazione, fosse pure un fallo di frustrazione.

CARATTERE
Che il gruppo sia scollato è evidente da tempo, non si ragiona da squadra ma ognuno pensa per sé e a sé. Basterebbe fare una trasferta insieme alla squadra per capirlo. Pecorelle smarrite e lupi solitari. In questo contesto s'inserisce il problema più grave di tutti: Nessuno ha gli attributi per uscire da questa situazione. Ci si nasconde dietro un dito o un infortunio. Ma la verità è che la voce grossa non la fa nessuno, perché a nessuno interessa farlo. Le sfuriate del presidente Lotito passano sopra le teste chine, quelle di Pioli entrano in un orecchio ed escono dall'altro. Leader non ce ne sono e la fascia di capitano è solo un ammennicolo sul braccio di turno. Candreva non ha gradito lo sgarbo di vedersela togliere per cucirla sul braccio di Biglia. Scelta del presidente Lotito per convincerlo a restare. L'argentino però con quel suo «non so se resto» ha tradito lo spogliatoio e il suo allenatore, che ora agli occhi della squadra ha perso credibilità. Ora i gradi di condottiero non vuole indossarli nessuno perché nessuno vuole responsabilità.

LA PARTE ATLETICA
La testa vola via lontana mentre le gambe sono piantate per tessa. La Lazio non corre. Fisicamente i biancocelesti stanno a pezzi. Ed è assurdo perché invece dovrebbe andare al doppio delle altre visto che la preparazione atletica era stata studiata per essere pronti per la Supercoppa italiana e per il preliminare di Champions. Ed invece nulla. Tutto sbagliato. E qui lo staff tecnico ha tantissime responsabilità, ingigantite dalle folli scelte della società. Un ritiro di Auronzo ai limiti della decenza, amichevoli una dietro l'altra. Una mini tournée in Austria con partite organizzate all'ultimo secondo. Il ritorno a Roma nella settimana più calda dell'anno e poi l'inferno di Shanghai.
DITO PUNTATO
In tutto questo marasma Pioli non è certo esente da colpe. Avrebbe dovuto puntare maggiormente i piedi prima, invece ha finito per fare lo stesso errore di Delio Rossi e Petkovic: l'aziendalismo non paga. È in confusione e la bacchetta magica con cui lo scorso anno tramutava tutto in oro, è mutata in un'arma che l'ha trasformato in una statua di sale. Nessuno lo sente e lo segue più. E i suoi ragionamenti cominciano a far paura, così come le sue scelte. La società ha capito le difficoltà e invece di difenderlo sta facendo di tutto per isolarlo. La panchina scricchiola e qualche ombra comincia già ad allungarsi dalla parti di Formello. Il sogno si chiama Montella ma l'ex viola ha un orecchio puntato anche su Trigoria. Si parla pure di Donadoni e Mazzarri. Per ora sono solo pensieri, ma il recente passato insegna che Lotito e Tare sono capaci di tutto. Attenzione però, perché esonerare il tecnico ora come ora equivarrebbe a regalarsi e a regalare ai giocatori l'ennesimo alibi per i troppi errori commessi.