La carriera di Giuseppe Galderisi si intreccia con quella di Paolo Rossi. La Juventus, la Nazionale fino a scambiarsi le maglie quando “Nanu” va al Milan e Pablito chiude la carriera al Verona.
Qual è il ricordo di Paolo Rossi che le è rimasto più nel cuore?
“Sono cresciuto dietro di lui. Praticamente ero la sua ombra da quando giocavo con le figurine a quando l’ho dovuto sostituire durante il periodo in cui era squalificato ed ancora a quando ho condiviso la camera. Ricordo soprattutto l'umanità e la bellezza della persona".
Cosa ha rappresentato Paolo Rossi nella sua carriera?
“Per me è stato un fratello, un maestro di vita, un insegnamento continuo per il modo di vivere la quotidianità. L’ho inseguito in tutto e per tutto. Era sempre un sostegno pazzesco, sdrammatizzava quando giocavo male e mi teneva basso quando facevo delle cose buone. Sono cresciuto grazie ai suoi insegnamenti".
Come ricorda la rinascita di Paolo Rossi con la maglia della Juventus?
“Quell’anno lui finì la squalifica ad aprile ed io giocavo titolare. Rientrò a Udine e mise a segno il terzo o quarto gol. Il ricordo più bello e commovente fu l’abbraccio di tutti. Ognuno di noi spingeva al massimo perché facesse gol per poter riprendere la sua strada”.
Come avete vissuto nell’ambiente bianconero il suo rientro da eroe del Mondiale 1982?
“Non era cambiato di una virgola, era sempre uguale.
Nel 1986 in Messico il ct Bearzot preferì Galderisi a Rossi, come la prese Pablito?
“Non cambiò il suo modo di essere, anzi mi sosteneva in tutto e per tutto con i suoi consigli. In Messico per l’Italia non fu il miglior momento e dopo l’eliminazione con la Francia lui e Bearzot mi dissero ‘Nanu hai fatto un gran Mondiale’. Quella frase ha rappresentato forse il più bel riconoscimento della mia carriera”.
Dentro e fuori dal campo cosa aveva di più Paolo Rossi?
“Era la semplicità in persona. Mi porterò sempre dietro i suoi occhi, il modo di vivere con intelligenza la vita, la sua leggerezza”.