​Premier League ricca e noiosa: Ozil con un tweet fa irritare la Cina

Premier League ricca e noiosa: Ozil con un tweet fa irritare la Cina
di Benedetto Saccà
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Lunedì 16 Dicembre 2019, 09:12 - Ultimo aggiornamento: 09:13

Disorientata dal vento di accadimenti epocali tipo la Brexit, l'Inghilterra, almeno nel calcio, sembra aver scelto di imboccare per un'asimmetria misteriosa una via, diremmo, molto europeista. Del resto la Premier League, ora e non da ora, sempre più si accosta nei tratti della classifica ai campionati del continente. Così la prevedibilità e i rapporti di forza inglesi si specchiano facilmente nelle ovvietà francesi, italiane, tedesche. Per capirsi, la tendenza disegna una sentenza di cinque parole capace di tagliare la strada a qualsiasi ipotesi di spettacolarità: campionati già finiti a Natale. Per anni, lo sappiamo, è stato lo scenario tipico della Serie A, della Ligue 1, della Bundesliga, non di rado della Liga. Mai, quasi mai della Premier. Il quadro, però, si è capovolto e inevitabilmente ha sottratto l'incognita dell'eccezionalità all'equazione della bellezza del calcio inglese. D'accordo, ieri il City di Guardiola ha sbriciolato l'Arsenal all'Emirates (3-0), ma non bisogna dimenticare che i Citizens adesso sono terzi con un ritardo di 14 punti dal Liverpool capolista. E non è tutto. Perché i Reds si sono arrampicati in cima lasciandosi alle spalle un margine addirittura di 10 lunghezze nei confronti del Leicester secondo. Un trionfo ipotecato, o quasi. Tra l'altro ieri la tv di Stato cinese non ha trasmesso la sfida di Londra dopo il tweet di Ozil, che si era schierato contro la persecuzione della minoranza musulmana degli uighuri che abita la provincia dello Xinjiang.

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Insomma, a meno di sconvolgimenti, l'esito della corsa verso il titolo appare dettato da un destino colorato di red. Come detto, però, a risentirne è il grado di interesse del torneo, attratto verso il basso dalla calamita di una scarsa incertezza. E anche nel 2017, al chiudersi del 17esimo turno, il City e lo United erano lontani in vetta 11 punti. È chiaro quindi che il panorama attuale riverberi la luce di un certo andare delle cose. È utile sottolineare che l'Inghilterra è pure uno dei paesi più equi sul piano della distribuzione dei guadagni legati ai diritti televisivi. Per avere un'idea, nella passata stagione, il Watford oggi ultimissimo ha ricevuto 113,9 milioni di sterline, mentre il Liverpool appena 38,5 in più. Si capisce che lo scarto negli introiti tra le grandi e le piccole sia piuttosto esile, al netto dei profitti relativi allo stadio e agli sponsor: e comunque non spiega l'evoluzione di un campionato in cui già a dicembre si lotta giusto per la Champions. La ragione forse è da ricercarsi nel talento dei dirigenti e dei tecnici. È allora probabile che gli allenatori di oggi siano in media meno esperti di Ferguson, Wenger, Ancelotti e Mourinho, seduti in panchina nei primi anni del decennio, e fatichino molto di più a gestire la competitività atletica e la tensione psicologica nell'arco di un anno denso di gare. Poi, a rifletterci, non è neppure detto che i giocatori attuali siano più bravi dei giocatori di dieci anni fa. Anzi.

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