ROMA «Mi manca lavorare ogni giorno». La frase gli è sfuggita davanti alla telecamera. Un sospiro gonfio di sincerità. A Mancio manca il club, la vita da allenatore a tempo pieno. Ancora di più dopo il crollo di Wembley. Ormai è però a bordo. È salito, impegnandosi con il presidente Gravina, e sta quindi a lui indicare la nuova rotta. L'Italia, affondata a Palermo il 24 marzo nel playoff mondiale, punta sempre sullo stesso ct che due mesi fa ha scelto, non senza qualche riflessione e dubbio, di continuare l'avventura in azzurro. Ma Roberto Mancini, a vederlo mercoledì sera in panchina nello stadio in cui conquistò lo scorso luglio il titolo europeo, ha dato l'impressione di essere ancora perplesso. Non sembra più quello di quattro anni fa. Lo sguardo perso nel vuoto, spettatore quanto i suoi giocatori davanti all'Argentina.
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Scena muta. Mai la Nazionale, nel quadriennio della sua gestione, è stata dominata come è successo contro la Selecciòn. Più che una figuraccia, una resa. Tattica, tecnica e fisica. Roberto ha provato a intervenire. Senza convinzione. Non è servito nemmeno il cambio di sistema di gioco. Non c'è stata partita.
TENTAZIONE IN VISTA
E non c'è stata l'Italia.
PENTIMENTO POSTDATATO
Così rimane allineato e coperto. In attesa di vedere se la sua Nazionale reagisce. Se il gruppo, incompleto nel finale di stagione, ancora lo segue. A settembre, prima di fallire la qualificazione al Mondiale per mano della Svizzera e ben prima dell'umiliazione contro la Macedonia, ha avuto un paio di proposte. Le ha scansate, convinto di andare in Qatar (e, a parole, di poter vincere, pensate un po'). Oggi è pentito di quella decisione. Chissà se deciderebbe ancora al volo, senza prendere almeno tempo. Perché sa di non potersi inventare niente a breve termine. Il percorso, leggendo i nomi dei convocati, è al momento indecifrabile. La scelta è al minimo storico. In ogni reparto. Ricominciare/ricostruire non sarà semplice. Mancini ha già detto: «Più dura oggi che quattro anni fa». Anche nel 2018 gli azzurri ripartirono da un'Apocalisse. Ora, secondo il ct, onde altissime all'orizzonte. Complicato prendere il largo. Perché gli interpreti, senza pensare agli avversari straordinari incrociati a Wembley, non si inventano da una partita all'altra. E l'alibi delle assenze non regge fino a un certo punto: forse solo Verratti ha spessore internazionale. Il calcio italiano è quello di mercoledì sera. L'unico successo nelle coppe, e dopo 12 anni, è quello della Roma in Conference League. Nei tornei Uefa non contiamo più da tempo. I nostri club puntano solo su gli stranieri, li prendono pure per i settori giovanili. Nemmeno i migliori che comunque qui bastano a fare la differenza. Il prossimo Europeo è tra due anni. Bisogna lavorare da domani, debutto in Nations League contro la Germania a Bologna, per difendere il titolo nel 2024. Senza illudersi. Questi siamo. Con o senza Mancio.