Da Pozzo a Mancini, dal "bianco" all'azzurro, la Nazionale compie 110 anni: storia di personaggi, successi e delusioni

Da Pozzo a Mancini, dal "bianco" all'azzurro, la Nazionale compie 110 anni: storia di personaggi, successi e delusioni
di Alessandro Angeloni
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Giovedì 14 Maggio 2020, 17:49 - Ultimo aggiornamento: 18:03
Centodieci anni di campo, di generazioni diverse, di lotte politiche, di viaggi attraverso la storia, fatta di rivoluzioni, guerre, crisi politiche, papi, campionati leciti e illeciti. Centodieci anni di azzurro, da festeggiare in un momento triste, in cui il calcio è fermo, in barriera, in attesa che qualcuno calci. E’ fermo dietro una recinto spinoso, che prima o poi, si spera, venga riaperto, anche se non a tutti. Centodieci anni da festeggiare nella stagione in cui Roma, quindi l’Italia, avrebbe ospitato buona parte della fase dell’Europeo itinerante. Niente. Festa, sul campo, rimandata, a quanto pare, l’anno prossimo. Ma ci penserà la Federcalcio - con materiali social, foto, ricordi, interviste alll’attuale ct Mancini etc - a ricordare questo percorso ultracentenario della Nazionale di calcio, nata il 15 maggio del 1910, all’Arena di Milano: Italia-Francia 6-2, azzurri in maglia bianca (fu di Pietro Lana, classe 1888, il primo gol, di Federico Chiesa l’ultimo, lo scorso Novembre a Palermo, in Italia-Armenia 9-1).



L’azzurro, nel 1910, non era stato ancora sdoganato, arrivò un anno dopo per omaggiare i Savoia, con il blu dello stendardo della casa reale. Dai Savoia a Mussolini, l’Italia ha, per definizione, rappresentato sempre il Paese, tanto da indossare negli anni ‘30 una maglia nera, voluta dal regime fascista di Benito Mussolini, con tanto di littorio sul petto. Le maglie dei portieri, spesso, sono rimaste nere anche in seguito ma quel colore e via via sparito, lasciando il bianco come seconda opzione (tranne occasioni in cui si è creata una maglia celebrativa, dal rosso al verde, per questioni benefiche o di ricorrenze). Dalla croce al tricolore, dal nero all’azzurro, la Nazionale è lo specchio di tutti noi, che abbiamo esultato e l’abbiamo sentita raccontare, vissuta e immaginata o ora, in tanti, sperano di rivederla. Stiamo chiusi in casa a immaginiamo la ripresa del mondo, del calcio, del prossimo Europeo, quello nel 2021, ma che sempre porterà il nome “2020”, l’anno maledetto. Quello dei virus. La Nazionale italiana è tra le più titolate squadre al mondo, forte dei quattro mondiali vinti (Italia 1934, Francia 1938, Spagna 1982 e Germania 2006, seconda solo ai colossi del Brasile, che il calcio lo hanno dentro il corpo, e a pari merito con la Germania, insieme con la Francia, storica rivale degli azzurri). Ecco, proprio l’Europeo manca a casa azzurri, l’ultimo vinto è datato 1968, si giocò in casa. Due generazioni fa. Si ricorda quello perso nel 2000 in Olanda, in finale con la Francia, che trionfò con il golden gol di Trezeguet. La storia della Nazionale, appunto, è fatta anche di delusioni: la piùcocente quella nel 1994, con il Mondiale perso in Usa contro il Brasile, ai calci di rigore o la finale, sempre con la Seleçao, nel '70 persa nettamente dopo la storica semfinale, 4-3 contro la Germania, quella definita la partita del secolo. Nonostante questo, si contano i successi: L’Italia è una delle cinque nazionali maggiori (assieme a quelle di Belgio, Svezia, Uruguay e Regno Unito) a potersi fregiare del titolo di “olimpionica”, avendo vinto il torneo a nel 1936, mentre nella neonata Confederations Cup, si ricorda solo il terzo posto, ottenuto nel 2013 in Brasile. In bacheca azzurra ci sono anche due Coppe Internazionali, la sorella maggiore del campionato d’Europa. La nazionale italiana è stata guidata da 16 commissari tecnici e da ventisette commissioni tecniche. La prima commissione tecnica era formata da Umberto Meazza, Agostino Recalcati, Alberto Crivelli, Giannino Camperio e Achille Gama e fu in carica dal 15 maggio 1910 al 6 gennaio dell’anno seguente. Il primo ct unico Vittorio Pozzo, in sella nel 1912 e per altre tre volte, nel 1924 e dal 1929 al 1948. Enzo Bearzot con 88 panchine e Marcello Lippi con 56 sono subito dietro. A loro l’onore di essere anche campioni del mondo. Lista alla quale vuole iscriversi Roberto Mancini, virus permettendo. La Nazionale è storia di grandi giocatori, da Buffon a Baggio, da Rivera a Totti, fino a Facchetti e Mazzola, fino a Bruno Conti e Paolo Rossi. E ora tocca a Zaniolo, Pellegrini, Chiesa, quella nidiata bloccata con il sogno nella testa. Auguri, comunque.
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