Roma, Mourinho: «Rispetto la Lazio ma i romani sono romanisti»

Roma, Mourinho: «Rispetto la Lazio ma i romani sono romanisti»
di Stefano Carina
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Venerdì 8 Aprile 2022, 14:04

È nel suo destino: far discutere. E così, è bastata una battuta di Mourinho in una lunga intervista a 'CBS Sports Golazo' per alimentare l'annosa rivalità cittadina tra Roma e Lazio: «La Roma deve avere successo, una città come Roma, la storia dietro di noi...Ho il massimo rispetto per Lazio e la sua storia, ma la Roma è la squadra della gente. I romani sono romanisti». Apriti cielo. Da questa mattina social e radio si dividono tra chi commenta il ko contro il Bodo-Glimt e chi, soprattutto lato biancoceleste, non ha digerito la battuta, seppur priva di astio, dello Special One. Nell'intervista all'emittente americana, registrata tra le bellezze della Capitale, José spazia dalla famiglia ai suoi obiettivi non disdegnando uno sguardo al futuro.

Cosa spera di raggiungere con la Roma? 

«So dove sono e so per cosa sono venuto.

Quello che cerco di trovare è un equilibrio: essere intelligenti sul mercato, creare un’identità e la stabilità nel club. La Roma deve avere successo, una città come Roma, la storia dietro di noi...Ho il massimo rispetto per Lazio e la sua storia, ma la Roma è la squadra della gente. I romani sono romanisti».

La mia immagine preferita del suo arrivo è quella di lei sulla Vespa, come è nata l’idea? 

«È stata un’idea del club, perché c’è una Vespa iconica che si chiama Specialone. Poi sono arrivato e hanno fatto quel murales, ma ora è la mia Vespa, quando andrò via verrà con me. C'è anche del materiale di merchandising, la gente mi collega alla Vespa e onestamente mi piace questa cosa».

Cosa significa per lei questa foto con Sergio Oliveira da bambino? 

«Pazzesco. Ero al Porto, Sergio era un bambino che giocava per strada, vedeva me e i giocatori ed era quello che voleva diventare un giorno».

Non aveva visto questa foto prima? 

«No. La signora mi dice: 'Un giorno giocherà per te', io le ho detto 'forse'. Continua ad allenarti, non si sa mai'. Ed è capitato».

So che suo padre era un giocatore professionista, sua mamma un'insegnante. Quanto è stata importante per lei la tua famiglia? 

«Puoi innamorarti del calcio, del lavoro, di molte cose, ma se non ami la tua famiglia, i tuoi amici e cari, non sei nessuno. Penso che nel calcio sia importante che non lavori per te stesso, ma per gli altri. Io lavoro per i giocatori, per i tifosi, per la mia famiglia, per i miei amici, per quella felicità e quando porti quell'amore nel dna del tuo lavoro penso che sei un passo avanti. Mi motivo sempre con le persone che amo».

Sei pronto a cambiare la tua natura?

«Quella no, non lo sono. Sono pronto invece a cambiare il mio approccio».

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