Italdonne, cuore, gruppo e fantasia fanno innamorare

Italdonne, cuore, gruppo e fantasia fanno innamorare
di Matteo Sorio
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Giovedì 27 Giugno 2019, 09:30
Se stiamo insieme (buon share non mente: 35.7 per cento) ci sarà un perché. Un italiano su tredici – 4.5 milioni di spettatori, l’audience totale – ha visto i graffi con cui Giacinti e Galli, due giorni fa in un orario (18-20) non esattamente prime time, si sono fatte strada lungo la via della Seta e verso i quarti di finale. Le sorelle d’Italia guardano all’Olanda (sabato, ore 15) e l’Italia del pallone guarda a loro, azzurrissime dentro la kermesse di Francia, come a un film che funziona, sì, perché provoca, in chi sta davanti allo schermo, un bel po’ di riconoscimento. 
IL GIOCO 
C’è tanto calcio italiano, d’oggi e di ieri, dentro le ragazze di Bertolini. «Il miglior attacco è la difesa», quante volte l’abbiamo sentito, in loop? Due soli gol incassati in quattro gare e nemmeno su azione (rigore). L’Italdonne, dietro, ha spalle larghe. Leggesi: solidità, e del resto già il pass per il Mundial era stato vidimato con 19 reti all’attivo e 6 al passivo. Davanti, però, cittadinanza piena alla furbizia, esito della libertà di giocata o di aggressione (le nostre sono specialiste nel pungere da palla rubata). Il pressing alto? Un tratto moderno, chiavistello per non schiacciarsi troppo e scoprire il tallone d’Achille: possesso palla declinato allora al condizionale (contro Australia, Brasile, Cina) in favore del recupero e affondo verticale. Anche l’arte di adattarsi, tuttavia, vedi la manovra più paziente cui s’era fatto ricorso con la Giamaica. E poi quel senso del soffrire, fino alla fine, fino (per dire) al 95’ del debutto con l’Australia quando l’inzuccata di Bonansea dava la prima scossa di share. La summa di Bertolini ai tempi delle qualificazioni: «Non esiste fase d’attacco o di difesa, è tutt’uno, voglio che si sentano libere di cercare il guizzo ma contemporaneamente aggrediscano». Il calcio italiano della fantasia e quello della fame agonistica, matrimonio che quando scocca (ci) regala notti magiche. 
I PARAGONI 
Era l’aprile 2018, Alessandro Costacurta – da vice commissario Figc – premiava Sara Gama per le sue 100 presenze in Nazionale e dettava: «Mi ricorda Cannavaro per come anticipa e gioca a testa alta». C’è dunque un capitano, nelle Bertolini girls, in cui trasfiguriamo quello di Germania 2006 (è da allora che non avevamo un’Italia maggiore tra le prime 8 al mondo). C’è pure un portiere, Laura Giuliani, capace di far parlare d’Italia-Brasile più per la sua parata su Debinha (una delle tante) che per la sconfitta finale: «È la nostra Buffon», si legge guarda caso sul web. C’è, ancora, una punta, Valentina Giacinti, che per scaltrezza rimanda ai balli sulla linea del fuorigioco di Pippo Inzaghi (anche se lei suggerisce Morata). C’è quindi un tipico titolare di fascia, Alia Guagni, da posti di blocco. E c’è infine quella Valentina Cernoia che incarna le «vite da mediano», lì nel mezzo, a recuperar palloni (parole e musica di Ligabue, liberamente tratto da Lele Oriali) anche se poi i piedi buoni, lei, ce li ha comunque. Bonjour sorelle d’Italia, allora, film estivo (in pellicola rosa) del nostro pallone: se ci tengono davanti allo schermo, ci sarà un perché.
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