Milan, con Ibra e Pioli i sogni non sono proibiti

Milan, con Ibra e Pioli i sogni non sono proibiti
di Salvatore Riggio
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Lunedì 19 Ottobre 2020, 07:30

Il tempo passa per tutti, ma non per Zlatan Ibrahimovic. Un campione che nella sua carriera è sempre andato oltre ogni limite, alzando l’asticella delle difficoltà consapevole di poter vincere sempre lui. Ha fatto un patto con il Diavolo e del Diavolo ne è diventato l’anima. Ha testa e cuore solo per il Milan, fin dal suo arrivo nel gennaio scorso. Giusto in tempo per riportare in alto una società gloriosa che sta attraversando (da anni) una lunga crisi e che in Zlatan si è ritrovata. Essere un trascinatore a 39 anni (appena compiuti, il 3 ottobre) è una rarità. Può farlo chi è ambizioso, competitivo, esigente. Può farlo soltanto un giocatore come Ibrahimovic. Un uomo che non vuole mai perdere. Dal suo addio a Milano nel 2012, ha intrapreso un percorso con Psg, Manchester United e Los Angeles Galaxy dimostrando di essere sempre assettato di nuove sfide e di nuove esperienze. Che lo hanno portato a una maturazione impensabile qualche tempo fa. Tanto da accettare di diventare il capopopolo di uno spogliatoio zeppo di giovani, di essere un leader e un esempio per i suoi compagni. Ha rischiato di vederlo da casa questo derby. Colpito dal coronavirus, l’ha presa prima con filosofia («Il virus ha deciso di sfidarmi, pessima idea», aveva scritto su Twitter), per poi guarire e presentarsi in campo come quel leone affamato postato sui social al termine del derby vinto 2-1 dal Milan grazie a una sua doppietta. L’ennesima prova superata dalla squadra di Stefano Pioli nel post lockdown. Un gruppo che non ha più perso: 20 partite senza sconfitta (16 in campionato, tre in Europa League e una in Coppa Italia). 
STRATEGA VINCENTE 
Ed è qui che entra in scena l’allenatore. Non aveva mai vinto un derby, ha steso l’Inter in quello più decisivo di tutti. Serviva dare un segnare non alle rivali, ma ai suoi giocatori. In estate ha vinto la concorrenza di Ralf Rangnick, si è tenuto stretto il Milan e ha rigenerato gente come Calabria, Conti, Bennacer, Kessie, Castillejo, Calhanoglu, Saelemaekers, Rafael Leao e Rebic. Ha saputo dargli una missione facendogli capire che occasione avessero nell’indossare la maglia rossonera. Perché tutti loro oltre ad avere bisogno di un leader, Ibrahimovic appunto, dovevano capire quanto fossero importanti in questo progetto. La ricetta perfetta per vedere il Milan in testa al campionato a punteggio pieno, dopo aver battuto Bologna, Crotone, Spezia e Inter. Ed essere riuscito a qualificarsi per la fase a gironi di Europa League. Trampolino di lancio per la Champions, obiettivo del fondo Elliott. 
SCELTE AZZECCATE 
L’hedge fund di Paul Singer ha trovato la strada per riportare il Diavolo in Paradiso.

Dopo qualche dubbio iniziale – legittimo per prendere le misure nel mondo del calcio – ha investito a lungo termine su promesse e talenti. Riuscendo a chiudere un occhio con Ibrahimovic. Comprendendo che tra tanti giovani, era giusto puntare su un fuoriclasse – unico e inimitabile – capace sì di incenerire con lo sguardo chiunque mostrasse un impegno al di sotto delle aspettative, ma anche abile nel dare l’esempio, nel proferire consigli e nello sdrammatizzare con la sua ironia situazioni difficili. Fino a trasformare il Milan nella squadra che è oggi. Cinica e implacabile. Di questo se ne è accorta anche l’Inter. 

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