Mancini, un amore d'Italia: «Siamo a un passo dalle grandi»

Foto Mancini
di Alessandro Angeloni
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Lunedì 14 Ottobre 2019, 07:35
Il 14 maggio 2018, forse, dovevamo capire che quella sarebbe stata una data della svolta. Un giorno da rosso festivo: 14 maggio 2018, la Figc ufficializza Roberto Mancini come ct della Nazionale. C’era comunque tanto scetticismo, figlio della frustrazione per la mancata qualificazione al Mondiale in Russia e figlio pure di un sentimento ormai spento da un calcio italiano, scarico, banale e senza futuro. Pochi calciatori di livello, una Federcalcio balbettante, un azzurro sbiadito. Mancio era una bella immagine allo specchio. Sì, bravo, ma che può fare? Era il quesito. Fallirà lui come è successo a Ventura, perché se la macchina non funziona, chi guida non può fare niente, si diceva. Invece Mancini ha portato qualcosa, piano piano. Con pazienza. Oggi si è tornati a ricordare le notti magiche di Italia ‘90, un mondiale in cui la Nazionale è arrivata terza ma quell’atmosfera è stata, appunto, magica e, pensavamo, irripetibile. 
A MANO A MANO
Mancio ha dismesso molti senatori, ha sconvolto tutti con convocazioni al limite della “sommossa popolare”, per età e per curriculum. Ha anche provocato (vedi Zaniolo in azzurro con zero presenze in A, vedi anche le chiamate di italiani dimenticati come Grifo e Piccini), ma alla fine ha convinto. La sua Italia è fresca, ambiziosa e talentuosa. E prova a giocare un calcio propositivo. Ovvio, si attendono test con nazionali di alto livello, ma questa qualificazione all’Europeo (la decima volta alla Fase Finale, settima di fila) con tre turni di anticipo, fino a ora, non s’era mai vista. In questo anno e mezzo di gestione, Mancini ha convocato 62 giocatori, tra cui 18 debuttanti e ne ha utilizzati 47. Mancini guarda/giudica i comportamenti dei suoi (vedi Balotelli e Zaniolo) ma non parla di codice etico: agisce e basta, applicandolo. Dà spazio a tutti, ma ha i suoi punti fermi e su quelli genera il suo calcio. All’Italia manca ancora l’istinto del killer: segna con un po’ di difficoltà. Quindi il ruolo di centravanti resta una delle poche incognite: Immobile, Balotelli, Belotti. Tra questi, uscirà l’uomo dell’Europeo. I numeri sono dalla sua parte e non sono solo calcistici. Il seguito è aumentato, lo vedi dalle presenze allo stadio, all’Olimpico c’erano circa 60 mila spettatori e davanti alla tv, 7 milioni 142mila con uno share del 32,47%. Non male. Doveva essere un periodo di transizione, invece siamo nel pieno del futuro. E sentir parlare i protagonisti di ambizioni di vittoria dell’Europeo, suona esagerato, ma allo stesso tempo gonfia il petto. 
I RISULTATI
Sono 8 le vittorie consecutive dell’Italia di Mancini (7 nelle qualificazioni agli Europei, 1 in amichevole contro gli Stati Uniti). Se la Nazionale batterà martedì il Liechtenstein eguaglierà il record assoluto di un ct alla guida dell’Italia, che è di Vittorio Pozzo, campione del mondo 1934 e 1938. Per Pozzo furono nove i successi di fila nel 1938, contro Belgio, Jugoslavia, Norvegia, Brasile, Ungheria, Svizzera e due volte con la Francia e con la Germania nel 1939. Per ora, Mancio ha staccato altri due mostri sacri della panchina azzurra, Valcareggi e Trapattoni. Meglio di lui, come punti, solo tre commissari tecnici: Vicini, Trapattoni e Sacchi, che in sedici partite hanno totalizzato, i primi due 37, Arrigo 35. Mancini è a 34. «Ora c’è da esser felici, visto da dove eravamo partiti. Da qui a un anno dovremo crescere, ovunque giocheremo le amichevoli vorrei avversarie di valore. Ma comunque, non siamo molto lontani dalle migliori. «Ho sempre creduto nel valore dei calciatori italiani, bastava saperli aspettare». Ecco. 
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