Dakar, le principesse del deserto: in gara team saudita interamente al femminile

Dakar, le principesse del deserto: in gara team saudita interamente al femminile
di Flavio Atzori
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Mercoledì 13 Gennaio 2021, 09:30

Immaginate di voler allestire un team capace di competere alla prossima edizione della Dakar del 2022. Un’impresa non da poco. Ecco, supponete inoltre di voler mettere in piedi una squadra femminile, con due donne come pilota e copilota. Di più, con due donne saudite. Il progetto ambizioso si chiama Shero Rally Team, ed effettivamente, il gioco di parole (da “She” e “Hero”) è quanto di più calzante: Dania Akeel e Mashael Alobaidan sono, a ben vedere, due vere e proprie eroine. Le due ragazze prenderanno parte alla Dakar a bordo di un Polaris Rzr 1000 e saranno guidate dalla team manager Iole De Simone. La Akeel, prima donna saudita a ricevere una licenza moticiclistica sportiva dalla federazione Motorsport saudita, ha un background già importante: è salita in sella a un quad per la prima volta a otto anni, su una motocross a 14, e lo scorso anno è stata Rookie of the year nella Ducati Cup degli Emirati Arabi. La Alobaidan invece, ha un passato fatto di apnee e immersioni. Forse non avranno un livello prestazionale degno di un Peterhansel o di Nani Roma, e proprio per questo, il cammino verso questo Rally Raid passerà per corse “propedeutiche” locali di cross country e baja, ma anche banchi di prova come l’Abu Dhabi Desert Challenge. 

VISIONE MIGLIORE 
Dietro questa partecipazione, c’è una Arabia Saudita che si approccia al nuovo decennio figlia delle sue enormi contraddizioni e discriminazioni certo, ma capace di volgere lo sguardo a quella Vision 2030, a quel progetto di emancipazione socio-culturale che ha portato le donne a poter guidare a partire dal 2018. Un traguardo forse scontato in occidente, ma vissuto con enorme orgoglio nella penisola arabica. Difficile non cadere nella trappola della retorica quando si parla di donne e motori. Anzi, già il cliché della notizia di una o più donne che affronteranno una gara, è un qualcosa che, a ben vedere andrebbe superato. Il problema è che viviamo ancora oggi in un mondo imperfetto, dove la discriminazione è ancora qualcosa da estirpare. Eppure, a ben vedere, quanto più taluni eventi assurgono all’epica, tanto più riescono ad accogliere eroi ed eroine. La Dakar ha da anni anche Laia Sanz come grande protagonista tra le due ruote. In Indycar negli anni passati, hanno corso Danica Patrick e Simona de Silvestro. Nei Rally il mito di Michelle Mouton è ancora ben presente. A Le Mans, lo scorso anno, si è distinto il trio Sophia Floersch,Tatiana Calderon e Beitske Visser. 
È vero: la quota rosa, in un mondo così intriso di testosterone è ancora risibile, ma la bellezza delle competizioni a motore, forse, risiede proprio nella sua natura: perché il talento, la velocità, il coraggio di correre con un volante o un manubrio in mano, travalicano ogni cosa, ogni limite, reale o presunto. O figlio dello stereotipo. Limite che, nel caso del duo del team Shero, sono maglie culturali e sociali. Ecco perché la Dakar 2022 avrà un ulteriore valore. Non sarà solo quella meravigliosa sfida che attinge all’epica dei motori contro il deserto, gli avversari, la fatica ed il cronometro, ma sarà anche il veicolo di una società che guarda ad un futuro migliore, senza barriere.
 

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