Lazio, Immobile sogna lo scudetto: «Pensiero fisso, la mia mentalità punta al massimo»

Ciro: "La Lazio è migliorata e questo campionato sembra apertissimo"

Lazio, Immobile sogna lo scudetto: «Pensiero fisso, la mia mentalità punta al massimo»
di Alberto Abbate
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Giovedì 22 Settembre 2022, 06:53 - Ultimo aggiornamento: 23 Settembre, 09:55

ROMA Il futuro appartiene a chi crede nella bellezza di un sogno infinito. A 32 anni, Immobile sembra ancora un ragazzino: «Da capitano non posso urlare che la Lazio vincerà sicuramente lo scudetto, ma io ogni anno ho questo pensiero fisso, quando inizio il ritiro. Siamo una squadra in crescita, abbiamo perso qualche punto, ma siamo lì in alto. Stiamo segnando meno, ma abbiamo messo la difesa a posto e abbiamo più punti dello scorso anno. Stiamo facendo insomma un buon percorso e la lotta è apertissima in questo campionato. Il prossimo step dev'essere fatto sulla mentalità, la mia è ambire sempre al massimo». Ecco perché Sarri si fida solo di Ciro: è l'esempio, incarna il motto della Lazio.

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Non molla mai, figuriamoci sette mesi prima del traguardo. E se c'è un ostacolo, lo supera lottando, non certo tirandosi indietro: «Confermo, ho pensato di lasciare la Nazionale, le critiche e la delusione mi hanno segnato, ma poi ho parlato con Mancini e la mia famiglia, e ho capito che non potevano essere gli altri a decidere del mio ritiro. Adesso punto all'Europeo, ma anche il Mondiale del 2026 è un mio obiettivo. Certo l'età avanza, ma se la condizione sarà questa, potrò dare ancora tanto. Non mi pongo mai limiti, questo mi ha portato e mi porta a fare cose eccezionali senza fermarmi un attimo». Come il vino. Immobile più invecchia, più diventa buono. Scarpa d'oro d'oro, con 187 gol a un passo da Signori, Gilardino e Del Piero al nono posto nella storia dei centravanti del nostro campionato.
MAL DI GOL AZZURRO
Altro che Kane e Neymar, Ciro nell'ultimo anno solare ha fatto meglio: altre due reti a Cremona, 5 (a -1 da Arnautovic al primo posto) in queste prime 7 giornate, in totale sono 19 da gennaio scorso.

Ogni 109' un timbro, solo Mbappè (26), Lewandowski (24 reti) e Haaland (20) hanno un bottino più sostanzioso. Nella capitale cecchino, eppure Immobile non capisce il mal di gol che lo travolge in azzurro: «Me lo chiedo ogni giorno, non è una questione di modulo. Forse alla Lazio ho più margine di errore, mi fa rosicare il fatto che ho vinto 4 classifiche marcatori e poi con la Nazionale segno meno. Voler strafare, a volte mi fa fare peggio». Col cuore in mano, Immobile sbandiera il nervo scoperto, ma non può essere sempre il capro espiatorio: «Assurdo essere accreditato come l'attaccante della mancata qualificazione in Qatar e non quello della vittoria dell'Europeo».

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LA DIFESA DI ZACCAGNI
Leader, bomber, ormai anche dirigente alla Lazio. Non è mai troppo tardi, Ciro vuole lasciare anche nell'Italia il suo indelebile segno: «Mi sento un punto di riferimento per il gruppo, fuori e dentro il campo. In questo momento di ricambio generazionale, ne ha bisogno il nostro calcio insieme a un po' di entusiasmo». Immobile è un italiano vero e un laziale doc. Applaude il compagno Provedel («Gli brillavano gli occhi alla chiamata azzurra») e difende Zaccagni, non convocato nemmeno dopo l'uscita di Politano: «Credo che il mister abbia fatto delle scelte, non so se collegate a quanto successo a giugno. Zaccagni l'ho visto in ritiro ad Auronzo e mi disse del suo problema fisico, che c'era stata un po' di polemica, ma è follia pensare che qualcuno voglia scappare da Coverciano». Eppure Mattia ieri era deluso e amareggiato di ritrovarsi alla ripresa a Formello. Oltretutto teme ci sia davvero una punizione dietro, magari anche per il futuro. Guai ad abbattersi, l'esterno se la riprenderà a suon di sgommate con la Lazio. Ciro docet, chi non lotta ha già perso.
 

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