Lazio-Roma un derby mai visto: ecco la storia delle stracittadine "uniche"

Lazio-Roma un derby mai visto: ecco la storia delle stracittadine "uniche"
di Alessandro Angeloni e Emiliano Bernardini
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Martedì 12 Gennaio 2021, 07:30 - Ultimo aggiornamento: 13:14

Il derby è sempre unico, per definizione. Spesso è avvolto dai luoghi comuni. La famosa «partita a sé», quella «che non ha una favorita», quella che «vince chi sta peggio», etc etc. D’accordo, il derby, specie quello di Roma, è tutto questo. E lo è anche per i contorni, per i colori che si vedono allo stadio, lo è per i suoi rumori, per i suoni, i canti, una volta anche per gli striscioni, i botta e risposta da una curva all’altra. Gli eccessi, insomma. Stavolta è unico per il suo contrario: il vuoto, il silenzio a cui purtroppo ci stiamo abituando (che ci regala le voci di dentro, quelle dei calciatori, arbitri, della panchina e di qualche imbucato sulle tribune). Unico e per forza storico. Ce lo ricorderemo, se lo ricorderanno i nostri figli e i nipoti. Unico perché si gioca in tempo di guerra pandemica, che non avevamo previsto e che ci inchioda nelle angosce e ci regala un calcio stilizzato, sbiadito, irreale. Unico perché non si parlerà di ordine pubblico, anche se - come successo a Milano - magari qualcuno si farà trovare allo stadio, a tifare da fuori. Le voci di fuori (ci ha ha pensato ad accendere gli animi definendo la Lazio «una piccola squadra», riferimento al trend non positivo della Roma con le big) . Ma c’è chi dovrà far rispettare le norme anti-Covid, evitando assembramenti e questioni spiacevoli, fuori dal tempo e dalle nostre abitudini.

Derby unici per disordini interni ed esterni, quelli sì ce ne sono stati, unici per fortuna e speriamo restino tali: quello della morte di Vincenzo Paparelli e quello sospeso per la “presunta” uccisione di un bambino nel marzo del 2004, recuperato il 21 aprile, un mese dopo. Una volta le squadre furono costrette a sospendere la partita, per “disordini interni”, ovvero si picchiarono in campo, roba di altri tempi, era il 1931, sullo sfondo i Carabinieri a cavallo. Venerdì sarà un derby unico, come il primo, che risale al 1929. Unico come quello di Coppa Italia, vinto dalla Lazio il 26 maggio 2013, al quale ovviamente i tifosi biancolesti sono affezionati e lo espongono come un vessillo. Unico anche per bruttezza (non giocarono bene), ma questo lo aggiungiamo noi e non fa parte della statistica. Quel derby nel tempo è destinato a perdere la sua unicità, prima o poi ricapiterà di rivedere Roma e Lazio in finale di Coppa Italia. 
VECCHIO OLIMPICO
Unico-i, anche i derby 88-89, quelli giocati nell’ultimo anno del vecchio Olimpico, prima della demolizione e della ricostruzione per Italia ‘90, uno di questi deciso da Di Canio, con la rete sotto la Sud e l’indice rivolto verso i tifosi della Roma: anche quello è stato giocato il 15 gennaio.

Così come quello del 1939. Entrambi vinti dalla Lazio. I derby li abbiamo visti in tutti i giorni della settimana, tranne uno: venerdì. E il prossimo completerà il ventaglio. Nella storia, dunque, dovremo annotare anche una sfida in questo giorno. A Roma abbiamo visto derby scudetto, derby drammatici per la salvezza, abbiamo visto partite senza senso per la classifica, come quelli giocati nei primi anni Novanta, l’interminabile fila di 0-0 o di 1-1, quelli che nessuno voleva vincere per paura di perdere. Ora abbiamo due situazioni simili, l’obiettivo della Champions, con la Roma più avanti e la Lazio a inseguire. Ma nessuna è nettamente superiore a un’altra. E questo è l’aspetto di normalità che ci godiamo un po’. L’ultimo derby è dello scorso gennaio, poco prima di chiuderci dentro casa e di attendere notizie sui contagi, sui vaccini, su quanti tifosi potevano entrare negli stadi. L’ultimo derby normale, quello. Aspettiamo con ansia di aggiungere alla lista un bel confronto in Champions, ecco quello non è mai accaduto, sarà unico, ma non corriamo troppo. Ma quando ci sarà lo applaudiremo con sentimento e un po’ di ansia. I tifosi sono così, in fondo il derby è quella gara che è meglio non giocare, ma alla fine è bello averla giocata. Ma solo se non la perdi.

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