Lazio, i motivi della crisi che ha infranto il sogno scudetto

Lazio, i motivi della crisi che ha infranto il sogno scudetto
di Valerio Cassetta e Daniele Magliocchetti
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Lunedì 13 Luglio 2020, 09:30 - Ultimo aggiornamento: 12:02
GLI INFORTUNI
Leiva, Cataldi, Luiz Felipe. Sono solo tre esempi di come la gestione del recupero degli infortunati sia stata penalizzante. Inzaghi ha accelerato il ritorno in campo di tutti. Luiz Felipe buttato dentro a Lecce praticamente alla cieca. Ed è andata bene che non abbia avuto una ricaduta dello stiramento. Leiva sente ancora dolore al ginocchio e si vede dalle sue prestazioni: colpevole sul primo gol del Milan e su quello del Lecce. Gira al minimo, interviene con la paura e la difesa non ha più filtro. Discorso simile per Cataldi. Che senso ha ripetere come un disco rotto che nessuno dei due avrebbe potuto giocare se poi si fanno giocare? Questo ha finito per creare anche un cortocircuti tra medici e fisioterapisti. Le colpe rimbalzano da una parte all’altra. Tutti puntano il dito contro l’altra fazione indicandola come responsabile. Più di qualche calciatore si è lamentato di dover stringere sempre i denti in queste situazioni. Inzaghi in queste sei gare ha usato sempre gli stessi 9-10 giocatori.

FORMA FISICA E NUTRIZIONE
a condizione fisica più della tattica e del bel gioco. In casa Lazio ci si interroga sul perché la squadra non sia più brillante dal punto di vista atletico come prima del lock-down. Cosa non ha funzionato nella preparazione? Domande a cui dovranno rispondere i preparatori. I dati della Serie A rivelano che Lazio ha percorso più chilometri del Sassuolo nell’ultimo match. Una differenza impercettibile nelle statistiche (103.649 km per i biancocelesti, contro i 103.469 km dei neroverdi). La sensazione è che la squadra di De Zerbi abbia corso con il pallone tra i piedi, mentre la Lazio abbia rincorso a vuoto gli avversari, soprattutto nella ripresa. Sotto osservazione da parte della società anche il nuovo regime alimentare riservato ai giocatori. In occasione della partita con l’Atalanta, ha fatto l’esordio nello staff medico il nutrizionista e biologo Iader Fabbri, molto seguito e apprezzato da Acerbi, Immobile e Parolo.

LE MOTIVAZIONI
L'inizio della discesa a Bergamo. Mezzora da favola, poi il tonfo. Forse è da lì che la Lazio ha cominciato a sgretolarsi soprattutto mentalmente. Con i bergamaschi all’andata era cominciata la rimonta e scattata la scintilla, con loro alla ripresa, probabilmente, è iniziata la lenta discesa. Quella sconfitta è stata una botta tremenda per le motivazioni di Luis Alberto e soci. Uno shock sotto tutti i punti di vista. Ci sono state le due vittorie con Torino e Fiorentina, sempre in rimonta, ma con tanta, troppa fatica e un pizzico di fortuna. Nonostante i due successi, si vedeva che era una squadra che in campo arrancava, andava a sprazzi, che non era brillante e non aveva ritmo. La sconfitta di Bergamo ha tolto consapevolezza, sicurezza e azzerato l’entusiasmo. Sembra quasi un filo conduttore con la sconfitta di Salisburgo in Europa League e l’epilogo due anni fa in campionato con la Champions andata via nel finale con l’Inter. Quando questa Lazio subisce delle batoste inaspettate, poi fa fatica a rialzarsi. 

LA PANCHINA
I troppi infortuni, il calendario compresso e le mini-rotazioni obbligate hanno fatto venir fuori il peggior timore di Inzaghi: avere pochi giocatori di cui fidarsi. Non è semplice per nessuna squadra giocare ogni tre giorni e avere fuori sistematicamente quattro titolari e averne a disposizione altrettanti non in buone condizioni. Fare a meno di Lulic, Marusic, Luiz Felipe, Leiva, Cataldi Correa e avere a mezzo servizio gente Milinkovic e Acerbi, per non parlare di due esterni come Jony e Lukaku sarebbe complicato per chiunque. A gennaio la Lazio, a parte il tentativo non andato a buon fine per Giroud, aveva scelto di non intervenire sul mercato, una strategia che fino allo stop forzato per via della pandemia e giocando una volta a settimana, si era rivelata giusta. Ma poi tutto è cambiato, col tecnico che, risultati e schieramenti alla mano, ha deciso di affidarsi poco nelle rotazioni a Bastos, Vavro, Andrè Anderson e Djavam Anderson. Per questi, secondo il tecnico, forse, va bene farli entrare a poco dalla fine, meno proporli dall’inizio. 
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