Lulic, parola di capitano: «Restino i big, la rosa deve essere più ampia»

Lulic, parola di capitano: «Restino i big, la rosa deve essere più ampia»
di Emiliano Bernardini
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Sabato 22 Luglio 2017, 07:30
dal nostro inviato
AURONZO La fascia gli è stata messa al braccio a furor di popolo. Senad Lulic è il simbolo dei laziali. Quella posa sghemba con cui fece gol alla Roma nel 2013 ha assunto geometrie perfette per i tifosi biancocelesti. Un quadro. Un inno futurista che ha elevato Senad da giocatore a mito. Ecco allora che i gradi di capitano hanno lo stesso significato di una medaglia al valore. Un riconoscimento conquistato sul campo.
 

Non serve certo quel lembo di stoffa per certificarne l’autorevolezza all’interno dello spogliatoio. È sempre occupato un posto nel senato. Molte delle decisioni sono passate anche attraverso i suoi giudizi. Lo scorso anno, in ritiro, ebbe il delicato compito di tenere in piedi una Lazio di ragazzini. Lo ha fatto insieme al fido amico Radu. Nello spogliatoio sono un po’ come il gatto e la volpe nell’accezione positiva del significato. Fanno quasi tutto insieme. E non è un caso che la fascia fosse destinata a Stefan, da dieci anni all’interno della Lazio. Il romeno però ha deciso di declinare. Si conosce troppo bene, o meglio conosce troppo bene il suo temperamento. Difficilmente riuscirebbe a mantenere la calma. E un capitano questo deve saperlo fare. Lo sa, ma gioca a non saperlo. Preferisce dire che quest’anno non sa quanto giocherà. 

L’ELEZIONE
Poco prima della sfida contro la Triestina, Inzaghi ha riunito tutti all’interno dello spogliatoio e ha intavolato la questione. I sondaggi li aveva già fatti nelle settimane precedenti parlando con i diretti interessati e ascoltando anche gli umori del resto del gruppo. Lulic il simbolo, Parolo la mente e Immobile l’immagine. I tre moschettieri scelti da Simone per far rigar dritto l’esercito in una stagione molto complicata. Il bosniaco ha autorità, personalità, deve migliorare sulla dialettica. Ossia dovrà limare qualche uscita scomposta. In questo Parolo è perfetto. Così come Ciro, il bomber della Nazionale con un caratterino niente male. Lulic in meno di una settimana ha già indossato le vesti di leader in tutte le sue forme. Lo ha fatto in campo esordendo con la fascia al braccio, lo ha fatto tenendo al rapporto Keita, dopo quel tweet velenoso, e lo ha fatto ieri parlando al popolo. Impossibile non iniziare proprio da Balde: «Noi vogliamo che i forti restino, lui è uno di questi. Noi facciamo il nostro sul campo, poi se lui e il presidente si mettono d’accordo questo non lo so. Vogliamo lavorare in tranquillità, il mercato è aperto sino al 31 agosto, i calciatori possono partire e arrivare. Ripeto: vogliamo lavorare tranquilli, speriamo di fare bene».

IL GRUPPO
Tradotto: qualsiasi bega contrattuale deve rimanere fuori dal campo, perché lì conta solo il simbolo che si ha sulla maglia e non il nome scritto dietro. Non lo ha rivelato apertamente, ma ha lasciato intendere che è stato questo il succo del discorso fatto al senegalese. Già, il gruppo. L’arma fondamentale per la Lazio per affrontare al meglio una stagione molto lunga e complicata. La serenità prima di tutto. Il bosniaco ha salutato con un po’ di rammarico Biglia perché è stato «un amico, un capitano e una persona importante nello spogliatoio». Ha abbracciato subito Leiva perché la sua esperienza a livello internazionale potrà essere molto utile. Infine, ha fatto una velata richiesta alla società: «ci saranno molte partite e servirà una rosa più larga rispetto all’anno scorso». Insomma, il capitano aspetta altri volti nuovi di livello. La maledizione della fascia non lo turba affatto, perché Lulic sa di essere il simbolo della vittoria eterna.
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