Lazio, che show con Sergej e Luis

Lazio, che show con Sergej e Luis
di Alberto Abbate
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Sabato 24 Luglio 2021, 07:30

I gradi ormai li ha fissi al braccio, i piedi e il genio fanno il resto: fascia da vice-capitano, il sergente Milinkovic è già simbolo del Sarrismo. Un filtrante dietro l’altro, tacco e suola da standing ovation, un gol dal limite all’angolino. Se non esistesse, bisognerebbe inventarlo. Altro che Hamsik, Sarri si gode Sergio. Lo aveva persino ripreso nelle prime uscite per qualche tocco di troppo, adesso il Comandante rimane sbigottito. Questo serbo è di un altro mondo. Fa bene Lotito a non cederlo sotto i 100 milioni nemmeno sotto tortura o ricatto. Anche perché Milinkovic non fa alcun capriccio, solo piroette in campo. Avrebbe avuto tanta voglia di rigiocare la Champions quest’anno, è felice di aspettare e riprendersela con Maurizio. Col suo atteggiamento contagia persino Luis Alberto, di nuovo in gol e assist-man di Muriqi per la testata sul raddoppio. Con queste mezzali può volare davvero, la Lazio: contro la Triestina cinque sgommate prima del decollo. 
RITMI ALTI
Eppur si muove. La palla è tonda e Sarri la fa rotolare già a cento all’ora. Finalmente azioni veloci, passaggi di prima, la Lazio 2.0 scartavetra la Triestina. Lotito, tornato ad Auronzo, gongola: «Qui si respira un clima di serenità», assicura dopo un giro, stavolta senza nessuna polemica. Visto che la tribuna balla e la Curva incita e canta. E pensare che Mau ancora si sgola quando la freccia Raul Moro non si allarga. Per gli esterni questo mister è una sirena continua, ma funziona. Mette il fuoco a Felipe Anderson, che fa avanti e indietro senza un sorso alla borraccia. Impossibile con Sarri dare segni di discontinuità, anche sul pressing e la densità in mediana. Guai anche solo a pensare di poter concedere all’avversario mezza mattonella. Il carico di lavoro pesa, eppure il ritmo si alza nella terza amichevole estiva. Questa è magia. 
DISTRAZIONI
Rivitalizzato, para quasi tutto (non può nulla sui due gol Di Massimo), Strakosha: il guantone non trema, la difesa sempre più alta non lo schiaccia. Anzi, Radu e Luiz Felipe (per un contrasto, attimi di ansia) impostano e si sganciano con tranquillità. Stefan così trova la porta sul corner con una capocciata, come non capitava da un anno su palla inattiva. Gli schemi provati per 14 giorni ora danno più di una risposta. È più semplice perché in regia è tornata la vera diga Leiva, che scannerizza in anticipo ogni minima intenzione della Triestina. 
ESORDIO E DUBBI
Peccato per i due gol subiti (finisce 5-2) nella ripresa.

Sarri annota nei pizzini gli errori in uscita e quelli di Kamenovic e Vavro sulla seconda rete subita. Lazzari comincia a sentire la pressione, rientra subito nervoso nello spogliatoio perché ha capito che sta perdendo la sua maglia e da terzino fa fatica. A Mau non sono piaciute nel finale le palle perse e buttate avanti senza una meta. I principi di gioco devono restare gli stessi nonostante i cambi e la formazione rivoluzionata: «Non deve esistere palla morta, ma solo mossa», l’ultima frase bisbigliata prima del sorriso e dei saluti alla folla. In delirio per l’esordio del baby Luka Romero, un’altra freccia a zig zag da una fascia all’altra. Al primo stop a seguire sembra una «Pulce atomica». Peccato non sia riuscito a deviare proprio l’ex Maiorca (autogol di Volta) il cross di Jony verso la porta, i tifosi gli avevano già regalato un coro di stima. L’allenatore della Primavera Calori assicura: «Ho intravisto dei numeri non da sedicenne, è di un’altra categoria». Non ha certo ancora lo stesso fisico, ma l’altezza è quella di Fabrizio Miccoli, ora nello staff di Bucchi alla Triestina. Per ricordare lo scudetto del 14 maggio del 2000, ieri fra le fila avversarie anche gli ex Perugia, Mazzantini e Milanese, che spiega: «Si vede già la mano di Sarri in questa squadra, somiglia al Napoli, ma noi eravamo più stanchi rispetto alla gara precedente con la Roma». Fra poco più di due mesi il derby dirà la verità, ma la mano di Sarri non mente già con questa cinquina.

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