La Lazio si agrappa alla Uefa, ecco su cosa si basa la difesa dei biancocelesti

La Lazio si agrappa alla Uefa, ecco su cosa si basa la difesa dei biancocelesti
di Alberto Abbate
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Giovedì 18 Febbraio 2021, 10:41

E’ una battaglia europea. Dopo i deferimenti legati ai tamponi di quattro mesi fa, la Lazio punta a scagionarsi da ogni accusa con in mano il protocollo Uefa. Dalle mancate comunicazioni delle positività contro Bruges e Zenit derivano tutte le contestazioni della Procura. Per esempio Immobile non avrebbe potuto giocare col Torino perché, senza l’autorizzazione dell’Asl, non si sarebbe potuto sottoporre al tampone negativo due giorni prima (era a otto) della fine della quarantena. A differenza che in Italia, però, con Futura Diagnostica a informare automaticamente per conto della società fiduciaria le Regioni Lazio e Campania, dei risultati dei test Champions alle autorità competenti si doveva occupare la Sylab: «Nel protocollo Uefa è previsto che il laboratorio che esegue l’analisi comunica il risultato alla Regione Toscana, per ciò che riguarda i calciatori italiani – spiega l’avvocato biancoceleste Gentile – e, se trova un calciatore di una squadra straniera positivo, non cerca l’autorità sanitaria competente, ma lo comunica al club. Se fosse stata rilevata una situazione di positività in Belgio, la comunicazione sarebbe arrivata alla Lazio che avrebbe dovuto avvisare la Regione. Tutto ciò è avvenuto in Italia, pertanto sosteniamo che la comunicazione alla Regione è quanto previsto dai protocolli. Attualmente, c’è una lettura diversa e pertanto nel giusto il pm Chiné chiede al Tribunale Federale una sentenza». 
NODO ALLENAMENTO
In effetti è interpretabile così quanto scritto a pagina 9 e 12 del volume della Uefa ‘Return to Play Protocol’ del 27 agosto e ribadito nel terzo volume del 17 dicembre con la disciplina aggiornata. La Lazio crede di potersi sottrarre a un gran fetta di colpa. Poi dovrebbe spiegare comunque, visto che c’è l’orario precedente alla seduta della mail con le positività inviata dalla Synlab, perché la mattina prima della partenza per San Pietroburgo ha fatto comunque allenare Strakosha, Immobile e Leiva. E la risposta non può essere questa, alla luce dei falsi positivi precedenti Hoedt e Pereira: «Il laboratorio europeo ci ha detto che i loro tamponi hanno un margine d’errore del 10% sull’affidabilità». 
POLEMICA SUL FIGLIO DI CHINÉ
La Procura è pronta da regolamento a chiedere almeno quattro punti di penalità sui quali entro circa un mese in primis sarà chiamato a decidere il giudice Mastrocola. Poi ci saranno eventualmente altri due gradi per attenuare o eliminare ogni responsabilità. Sotto accusa c’è una negligenza reiterata, nessun dolo o frode sportiva. Intanto ieri tra i tifosi della Lazio è divampata la polemica per una presunta incompatibilità del pm Chiné visto che il figlio Bruno, classe 2003, ha giocato a lungo come terzino nel settore giovanile della Lazio per poi essere liberato nel 2019, finendo all’Urbetevere. A esprimersi però già sulla questione fu il Coni ai tempi del caso Zarate-Lotito, esprimendo un parere negativo: nessuna incompatibilità.
ANCORA INDAGINI
In sede penale, la Procura d’Avellino non ha al momento trovato nessun broglio, nonostante voglia vederci più chiaro ancora. Dopo le contro-analisi dei tamponi, chiede la prova del Dna: «La verità è che l’indagine parte dalla denuncia del Torino – assicura l’avvocato Gentile – e per questo secondo Lotito (fuori dal consiglio federale, se inibito, ndr) si tratta di una battaglia politica». Eppure la società di Cairo non vuole essere né sarà ammessa (e nemmeno la Juve) come parte civile nel processo. Sono esclusi i tre a zero a tavolino. Il pm Chiné però entro 10 giorni terrà conto anche del danno derivato nella sua richiesta. Entro maggio forse l’ardua e definitiva sentenza. 
 

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