La Serie A studia da grande: ​i numeri raccontano la crescita ma ora serve un salto

La Serie A studia da grande: i numeri raccontano la crescita ma ora serve un salto
di Benedetto Saccà
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Giovedì 15 Novembre 2018, 09:30
Tornato a volare a un’altitudine perfetta per tenersi al riparo dallo stallo, il nostro calcio ha ormai imparato a crescere, a riconoscersi puntualmente allergico alle crisi economiche e, soprattutto, a dimostrarsi autorevole nel capire che si può, e si deve, migliorare. Presieduta da Gaetano Miccichè dallo scorso marzo, la Lega di Serie A controlla il quadro e la temperatura nel pallone italiano, studiando dati e cifre per progettare il futuro. I numeri non parlano, però dicono molto. Così si scopre che per statura economica la Serie A è stabilmente una delle prime tre leghe d’Europa e dunque del mondo. Poche, anzi, pochissime industrie italiane hanno il privilegio di occupare una posizione tanto alta nel pianeta. Va annotato, del resto, che in Italia il calcio è un fenomeno (quasi) senza un paragone, capace di coinvolgere 30,6 milioni di persone over 14 (e cioè il 58% della popolazione); e che l’intero sistema in Italia genera un fatturato di 4,5 miliardi di euro. Come detto, è evidente che esista una certa differenza tra la A e gli altri maggiori campionati europei, specie sotto il profilo finanziario. Per capirsi, i ricavi della Lega di A a breve sfioreranno i 2,28 miliardi di euro, invece gli utili della Premier League toccheranno quota 5,65, quelli della Bundesliga 3,69 e quelli della Liga 3,47 miliardi. Tanto per intendersi, fino al 2008 la tendenza della crescita italiana è stata sovrapponibile a quella delle altre leghe: mentre negli ultimi 10 anni l’Italia si è sviluppata meno della Spagna oppure della Germania. Tanto che la nuova presidenza di Miccichè si è proposta proprio l’obiettivo di recuperare lo scarto che si è andato approfondendo (e stabilizzando) rispetto al continente.

I PUNTI
Il cuore del problema ha tre fonti; vale a dire: le carenze legate ai ricavi della vendita dei biglietti dello stadio, agli utili relativi alle attività commerciali e ai guadagni della cessione dei diritti televisivi internazionali. E la Lega di Serie A, ora e non da ora, immagina di intervenire in questi settori. La percentuale di riempimento dei nostri impianti è ridottissima: e non supera il 52 per cento, mentre nella Premier e nella Bundes è decollata intorno al 90 per cento – gli spettatori medi delle nostre partite sono 21.262 contro i 40.693 della Budesliga e i 35.838 della Premier. Quanto ai diritti televisivi nazionali, bisogna sottolineare che costituiscono una fetta rilevante dei ricavi della Lega: superiore perfino al 60% del totale, quindi in sincronia con un colosso qual è la Premier. Ad aver conosciuto un incremento è stato anche il versante dei diritti internazionali. D’accordo, i ricavi sono più che raddoppiati – da 190 a 371 milioni – però il margine di miglioramento è ancora notevole. Per cui, tra gli obiettivi della nuova èra della Lega Serie A, affiora anche lo sviluppo delle iniziative commerciali e di marketing. In ogni caso un evento come l’arrivo di Cristiano Ronaldo in Italia può incidere, eccome, sull’andare dei conti e sull’impennarsi dei parametri economici. E, infatti, allo sbarco di CR7 a Torino è subito seguito un aumento del richiamo internazionale della Serie A. Una dote che si potrà senz’altro spendere nel futuro. Perché, è logico, un torneo nobilitato da Cristiano Ronaldo vale all’estero molto (ma molto) di più rispetto a un campionato privo di fuoriclasse del genere. Infine non è inutile ricordare i primati del nostro calcio. Siamo in vetta alla classifica dei gol segnati in media in campionato. Ma, soprattutto, e semplicemente, siamo i più bravi a impiegare la Var (e la Goal line technology). Prima degli altri l’abbiamo inaugurata, sperimentata e applicata. E, ora, ne siamo i maestri.
 
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