Roma, luci e ombre: Mourinho garantisce equilibrio e concentrazione, ma il club deve completare la rosa. Il caso Xhaka

Mourinho
di Alessandro Angeloni e Ugo Trani
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Lunedì 2 Agosto 2021, 07:30

Il Grande Dubbio di qualche giorno fa, più che legittimo, resta appeso e quindi senza risposta: non si può certo sapere se basterà Xhaka, il regista chiesto da Mourinho, per la svolta. La Roma, a diciotto giorni dal debutto nella nuova stagione (il 19 agosto l’andata della Conference League), deve ancora convincere l’Arsenal, come ha fatto da tempo con il giocatore. E chissà se ci riuscirà. Lo svizzero ha segnato di testa nell’amichevole di ieri contro il Chelsea che ha vinto all’Emirates Stadium (1-2) e Arteta (manager dei Gunners), dando forza alla strategia delle ultime ore, lo ha subito confermato: «Granit resterà con noi. È un uomo chiave della nostra squadra. E il fatto che abbia voluto giocare è un chiaro segno del suo affetto verso la società e del fatto che anche lui voglia restare». Che sia una mossa volta a stanare la Roma o la verità, la sostanza non cambia. Serve un rilancio serio. Non possono essere i 2-3 milioni di bonus pensati originariamente da Pinto. Manca insomma il colpo di mercato, garantito dallo sbarco nella capitale dello Special One. La gente ha dato per scontato che sarebbero arrivati tre, quattro o addirittura cinque big. Non è andata così. E, al momento, non sono previsti investimenti di alto profilo. Nemmeno per il regista («È davvero bello essere a casa» il suo messaggio su Instagram dopo il gol): se il club londinese continuerà a chiedere 23 milioni di euro (8 in più di quanto ne offrono a Trigoria) non sarà accontentato dai Friedkin. Tornano d’attualità Koopmeiners dell’Az e Douglas Luiz dell’Aston Villa. Il mercato finirà il 31 agosto e Pinto avrà tempo per piazzare qualche acquisto che possa migliorare il gruppo: Rui Patricio, rinforzo obbligato per una squadra senza portiere, Viña, fluidificante mancino necessario per aspettare Spinazzola, e Shomurodov (da ieri in ritiro: è arrivato con Cristante), attaccante di scorta in grado di diventare pure il partner di Dzeko, non sono sufficienti per essere  competitivi.

MESSAGGIO POSITIVO
Mourinho non parla in pubblico (prima o poi lo farà, però).

Dovrebbe rispondere sul rafforzamento del suo gruppo che per ora non c’è stato. Usa la sua comunicazione speciale che passa attraverso i social. Lo spot migliore è stato l’«Habemus squadra». Nessuno, però, ha interpretato male quel concetto che non ha niente di definitivo. La Roma si comporta in campo, tatticamente e caratterialmente, come vuole il suo tecnico. Che ha esaltato anche l’unità e l’amicizia. La mano di Josè si vede: c’è organizzazione e concentrazione, doti che rendono solido e al tempo stesso dinamico il sistema di gioco. La difesa è meno fragile di quanto lo sia stata con Fonseca (137 le reti prese nel suo biennio). Il collettivo, dunque, risponde almeno quanto il singolo più atteso. Zaniolo è tornato. Ogni partita lo fa crescere fisicamente: nel ritmo e nella corsa.

SEGNALE NEGATIVO
«Habemus», quindi, l’atteggiamento giusto. Non, invece, la squadra fatta. Il regista rimane la priorità: Xhaka o chi per lui. Non è, però, sufficiente. A destra Karsdorp è solo. Reynolds fa la scuola guida. Florenzi c’è, a Trigoria e non in Algarve, solo per attendere la chiamata di qualche club (l’Atletico Madrid si aggiunge al Lione e alla Fiorentina). Su quel lato serve un altro titolare. La rosa è insomma incompleta. E il centrocampo, senza play, non garantisce la qualità, l’intensità e l’ordine per rendere efficace la Roma. Che davanti fa una fatica enorme nella finalizzazione nonostante lo sforzo fatto da Pellegrini, Mkhitaryan, Zaniolo, Dzeko e lo stesso Perez. Senza nuovi, e nei reparti in cui li vorrebbe Mou, è complicato riemergere dal 7° posto. Fin qui il mercato (40 milioni con almeno 20 da versare in futuro) rispecchia la posizione in classifica dell’ultimo campionato: Pinto, magari off record, ha ammesso di essere ripartito da lì. Il salto in alto lo ha lasciato allo Special One. Senza alzare l’asticella, però.

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