Juventus, poche certezze tra uomini e modulo: la crisi è d'identità

Ronaldo
di Gianfranco Teotino
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Giovedì 18 Aprile 2019, 09:30 - Ultimo aggiornamento: 14:07

«Siamo stati eliminati da una squadra più forte». E’ il passaparola juventino del giorno dopo. Molto sportivo. Ma è un alibi che non regge. L’Ajax ha disputato una partita meravigliosa, coinvolgente, mostrando un calcio altamente spettacolare, a uno o due tocchi, fatto per divertire divertendosi. Impossibile non esserne entusiasmati. Ma non è più forte della Juventus. Non scherziamo. Dove gioca CR7? Dove giocano Dybala, Pjanic, Bonucci, Cancelo, Alex Sandro, Szczesny? Giusto per limitarsi a quelli, disponibili l’altra sera, che nell’Ajax sarebbero stati titolari. Per non parlare di fatturati, altrimenti a De Laurentiis viene un coccolone. O di valore di mercato della rosa: 782 milioni la Juventus, 420 l’Ajax, pur considerando i 75 milioni di De Jong e gli altrettanti, più o meno, di De Ligt.

LANCIERI SUPERIORI
Perciò il problema della Juventus è l’opposto: e cioè che è stata eliminata da una squadra meno forte. Non ci si può non domandare perché. L’Ajax è stato superiore in tutto: gioco, velocità, intensità, persino forza fisica e corsa. Curioso, perché è vero che quella olandese è una formazione molto più giovane, ma in questa stagione ha dovuto giocare sei partite più della Juventus, per qualificarsi alla fase a gironi della Champions. Eppure, i lancieri sono arrivati ai quarti di finale al massimo della forma e i bianconeri con l’infermeria piena. Nonostante Allegri abbia pesato con il bilancino la distribuzione delle forze dei suoi, cambiando continuamente schieramento, da partita a partita.
Proprio da Allegri Agnelli ha annunciato di voler ripartire. Certo, è difficile discutere un tecnico che ha vinto cinque campionati su cinque, quattro Coppa Italia su cinque e raggiunto due finali di Champions. Ma non c’è dubbio che la Juventus di oggi non abbia una fisionomia definita, al contrario delle grandi europee con cui si misura. La Juventus di Allegri non è né una squadra difensiva, né una squadra d’attacco. Non è né una squadra aggressiva, né una squadra ragnatela. Non ha una formazione titolare. Non ha un sistema di gioco preferito. Allegri si affida alle doti tecniche dei suoi e ad alcune intuizioni estemporanee. In Europa non basta: va avanti chi rischia, chi propone calcio propositivo, chi è abituato a giocare con la stessa intensità dal primo all’ultimo minuto in tutte le partite.

LA CROCIATA
La migliore Juventus di Allegri resta quella, molto offensiva, che eliminò il Barcellona due anni fa: il terzetto Cuadrado-Dybala-Mandzukic dietro Higuain, due centrocampisti di qualità come Pjanic e Khedira, Dani Alves e Alex Sandro terzini. Da allora Allegri ha cominciato, non si sa perché, una strana crociata contro l’idea che vincere sia più facile se si gioca bene, chi vuole lo spettacolo vada al circo, la sua frase preferita. Purtroppo, la Serie A è cattiva maestra: si gioca piano e male, per vincere alla Juventus basta poco e poi si ferma. La Juventus è una squadra fortissima, non a fine ciclo. Ma per riprovare subito a prendersi finalmente una Champions deve darsi un’identità nuova. Quell’identità e quella voglia di piacere e di stupire che oggi non ha.

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