Roma, Abraham c'è: contro la Juve molte luci e poche ombre

Roma, Abraham c'è: contro la Juve molte luci e poche ombre
di Benedetto Saccà
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Lunedì 18 Ottobre 2021, 01:19 - Ultimo aggiornamento: 19 Ottobre, 11:03

Irraggiungibile agli sguardi, Tammy Abraham. Quando piove, forse, nemmeno si bagna. Se decolla, poi, pare un ghepardo in fuga – e chi lo prende mai. Eppure. Eppure, all’Allianz Stadium di Torino, Kevin Oghenetega Tamaraebi Bakumo Abraham – detto Tammy, Tammy Abraham, tipo James, James Bond – ha regalato ai tifosi della Roma, a José Mourinho e ai compagni una partita brillante di luci, ma pure piena di vuoti. A conti fatti, comunque, ha offerto una prova più che sufficiente, suvvia. O meglio. È stato proprio il migliore della Roma. La grande ombra che si è allungata sulla sua partita è stata però il rigore, quel rigore sbagliato poi da Jordan Veretout al minuto numero 44 del primo tempo.

Tralasciando gli abbagli e granchi invero terrificanti presi dall’arbitro, signor Daniele Orsato di Schio, Abraham prima ha avviato l’azione seminando il panico liquido tra i difensori della Juventus, poi ha (vanamente) spedito il pallone in rete, infine ha pensato incautamente di voler battere in proprio il tiro dal dischetto.

Però a incaricarsi del penalty era già pronto Veretout, il rigorista della Roma – e tra l’altro il secondo è Pellegrini. Tammy no: non era molto d’accordo. Non gli garbava, non lo convinceva mica ‘sto fatto che a tirare fosse Veretout. «D’altronde lui è un ragazzo coraggioso», ha poi sussurrato Mourinho.

E allora è andato dal compagno, ha tentato di avviare una specie di trattativa, ha anche preso il pallone tra le mani. Ma Jordan è rimasto inflessibile, certo, anche se più o meno consciamente si è innervosito, forse si è deconcentrato, quasi sicuramente si è distratto. Ha perfino dovuto riprendere la palla dalle mani di Tammy, che ha ricambiato – quasi rassegnato – con una carezza sulla nuca. E, infatti, puntuale e cronometrico come solo lo sgambetto della sorte talora sa essere, sul verde dello Stadium è piovuto l’errore di Veretout – con annessa paratona dell’ex romanista Szczesny, eroe per una notte. Rigore più parato che sbagliato, d’accordo, è vero.

IL FILM

Tammy era dispiaciuto, alla fine della partita. Ha capito di essere stato poco opportuno in una situazione – andremo a definirla – delicatissima. È andato oltre il mandato, ecco: tanto che ha voluto consolare Veretout con un bacio. Però bisogna anche ricordare che Abraham è giovane, anzi giovanissimo, giacché ha festeggiato i 24 anni giusto giusto sedici giorni fa. Insomma. Se peccato è stato, di sicuro potrà rientrare nella categoria e alla voce dei peccatucci di gioventù. Succede. Non dovrebbe, ma può succedere. D’altra parte va detto che Tammy da Camberwell, Londra, aveva tanto lavorato e faticato per essere a disposizione di Mourinho nella trasferta di Torino. E recuperare la condizione fisica non è stata una banalità da nulla – tutt’altro – specie dopo l’infortunio subìto in nazionale martedì durante la sfida di qualificazioni mondiali tra l’Inghilterra e l’Ungheria a Wembley. Terapie, cure, tonnellate di impegno e litri di buona volontà.

 

E così, ieri sera, Tammy è stato schierato da titolare nella partitona contro la Juve. Anzi. Era proprio la punta del 4-2-3-1 giallorosso, sistemato da Mourinho là davanti, a trascinare la Roma verso l’infinito e oltre, magari, o più prosaicamente verso la rete bianconera. Leggero e anche piuttosto disinvolto, Abraham ha cercato di caricarsi sulle spalle, non tutti i compagni, però almeno il reparto offensivo. Con un colpo di testa, ha obbligato Szczesny alla parata dopo poco.

Ha richiamato dal paese della grande bellezza un paio di giocate, qualche idea, centinaia di chilometri di corse, talune devastanti rincorse. Poi, va bene, quel rigore. Ma, fino all’ultimo palpito, Abraham non si è arreso. Ha addirittura provato ad accendere gli entusiasmi dei tifosi arrivati, con commovente passione, a Torino – trasferta mai facile, c’è da dirlo. Giunto alle estreme propaggini del match, il piccolo ma altissimo numero 9 inglese, viso sempre simpatico e talento nondimeno rutilante, ha atteso per luuunghissimi minuti il pallone esatto, l’azione della svolta, il gesto capace di regalare valanghe di felicità a una squadra e a migliaia di tifosi. Il pianeta del pallone sarà sempre al sicuro grazie a ragazzi come Tammy. Sbaglieranno, sì, costeranno tanto, e va bene: ma che nobiltà.
 

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