Italdonne, ora si gioca l'altra partita: quella del professionismo

Italdonne, ora si gioca l'altra partita: quella del professionismo
di Roberto Avantaggiato
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Domenica 30 Giugno 2019, 09:30
Il sogno è finito. Ma le lacrime non si portano via gli applausi e l’amore che le ragazze azzurre si sono conquistate in questo Mondiale. Quelli restano e resteranno per sempre, al di là della delusione per una semifinale che avrebbe scritto una pagina speciale nella storia del calcio italiano. L’Olanda ci ha buttati fuori, ci ha tolto il sogno di volare a Tokyo nel 2020, non cancella tutto il resto. Il presente e, soprattutto, un futuro con un nuovo status di calciatrici è già scritto, al di là delle parole pro e contro che sono volate in questi giorni. Una cosa è certa. Il mondo del calcio femminile non sarà più lo stesso, dopo questa splendida avventura. Perché l’Italdonne ha conquistato tutti, e tutti ora sanno che c’è un movimento che sa stare in piedi con le proprie gambe, che chiede soltanto di essere messo nella condizione di ridurre quel gap che, ieri a Valenciennes, s’è visto è ancora ampio. Le Oranje hanno dimostrato di essere un passo (e forse anche due) avanti a noi, specialmente nella preparazione, che al di là del caldo, ieri ha fatto la differenza. Per carità, la temperatura proibitiva di ieri non dev’essere un alibi per la sconfitta. Ma vedere l’Italia giocare solo per trenta-trentacinque minuti, creando oltretutto le due più grosse palle gol della partita, e poi sparire dal campo è un segnale chiaro. 

Il cammino per recuperare il terreno dalle altre nazionali è tracciato, ora va però percorso, senza far diventare il Mondiale donne il bel ricordo di un’estate italiana. Lo ha sottolineato Sara Gama alla vigilia del match, lo ha ribadito Milena Bertolini dopo il match. «Pianificate, create un cronoprogramma per arrivare al professionismo», il messaggio lanciato alla Figc. Che, pur riconoscendo l’importanza del movimento femminile non ha voluto farsi trasportare dall’emotività. In questa ottica va letta la frenata dopo l’ultimo Consiglio Federale, che ha fatto suonare un campanello d’allarme tra le azzurre, che nel dopo-gara ieri hanno evidenziato il timore che una volta passata l’euforia, il calcio femminile sia dimenticato e torni nel dilettantistico dov’è cresciuto e sviluppato. Anche se proprio il numero dei dilettanti e vice presidente vicario, Cosimo Sibilia, ha ribadito che il mondiale «non è la fine di un sogno, non é un punto di arrivo, ma una partita da cui ricominciare». 

L’IMPEGNO
Concetto che, probabilmente, lo stesso Gravina ha spiegato a voce alle ragazze (o anche solo a Sara Gama, la capitana che è anche componente del Consiglio Federale): «Hanno lasciato una traccia indelebile, è un patrimonio che dobbiamo difendere e valorizzare», ha sottolineato il numero uno federale. Che al professionismo vuole arrivare, ma senza farlo diventare un salto nel buio. Considerazione che forse tiene conto anche della notizia (passata un po’ in sottordine) che il ChievoVerona di Campedelli ha separato la propria strada da quella del ChievoVerona Valpo femminile. Un passo indietro dovuto ai minori introiti del club dopo la retrocessione in B.
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